Conflitto femoro-acetabolare

9 ottobre 2024

Trattamento del conflitto femoro-acetabolare: un approccio personalizzato

Il trattamento del conflitto femoro-acetabolare viene sempre personalizzato, tenendo conto della condizione clinica del paziente, del livello di attività quotidiana e sportiva, e delle sue esigenze individuali. Dopo una visita specialistica con l’ortopedico, vengono valutati tre fattori fondamentali:

  1. Lo stato dell’articolazione dell’anca
  2. Il grado di usura della cartilagine
  3. Il livello di dolore e le limitazioni funzionali riferite dal paziente

Questi elementi guidano la scelta terapeutica più adeguata: un trattamento non adatto, infatti, rischia non solo di non essere efficace, ma anche di peggiorare la situazione.


Le opzioni di trattamento per l’impingement femoro-acetabolare

1. Artroscopia

Quando il danno alla cartilagine è ancora contenuto, l’artroscopia rappresenta una valida soluzione. Si tratta di una tecnica mininvasiva che consente di correggere le alterazioni sia a livello del femore che dell’acetabolo, preservando il più possibile i tessuti sani e favorendo un recupero più rapido.

2. Infiltrazioni ecoguidate

In alcuni casi selezionati, è possibile ricorrere a infiltrazioni dell’anca sotto guida ecografica per alleviare il dolore. È importante però sapere che queste non arrestano la progressione dell’artrosi e vengono quindi considerate come un trattamento sintomatico temporaneo.

3. Protesi d’anca

Quando il danno articolare è avanzato, con un deterioramento significativo della cartilagine e una forte limitazione nei movimenti, l’intervento di protesi d’anca diventa la scelta più indicata.

Oggi, grazie a tecniche chirurgiche sempre più evolute e a materiali altamente performanti, l’impianto protesico è meno invasivo: consente cicatrici ridotte, rispetto dei muscoli e dei tessuti circostanti, e un ritorno alla normalità – anche sportiva – in tempi molto più rapidi rispetto al passato.

Questo è particolarmente rilevante per i pazienti più giovani (tra i 40 e i 50 anni), colpiti da artrosi precoce, che oggi possono essere candidati alla protesi senza dover attendere età più avanzate, come avveniva in passato.


Il ritorno allo sport: tempi e modalità

Il percorso di riabilitazione comincia subito dopo l’intervento e si concentra su tre aspetti chiave:

  • Recupero dell’articolarità
  • Propriocezione e controllo del movimento
  • Potenziamento muscolare

Fin dai primi giorni, il paziente può iniziare a camminare, appoggiando gradualmente il peso sull’arto operato, con l’ausilio di stampelle per circa due settimane. Dal secondo giorno post-operatorio si possono eseguire esercizi semplici, come pedalare sulla cyclette.

Dopo circa due settimane, è possibile iniziare un programma fisioterapico strutturato, che spesso include anche la riabilitazione in acqua. Il dolore, se presente, deve essere sempre monitorato: non va ignorato né sottovalutato, perché potrebbe ostacolare il corretto processo di guarigione.

Infine, il ritorno all’attività sportiva dipende da diversi fattori, come il tipo di disciplina praticata e le indicazioni fornite dallo specialista ortopedico. In ogni caso, è fondamentale rispettare i tempi del corpo e non forzare il recupero, per garantire una guarigione completa e duratura.

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