Anca

PATOLOGIE E TRATTAMENTI

Scopri tutte le patologie dell’anca trattate dal Dott. Mario Menna. Per ogni patologia troverai una sezione dedicata con spiegazione della sintomatologia e le possibili modalità di trattamento utilizzabili.

Patologie

Artrosi dell’anca

COS’È L’ARTROSI DELL’ANCA?

L’artrosi dell’anca, o coxartrosi, è una malattia degenerativa e invalidante che conduce inevitabilmente a dolore, rigidità, riduzione della mobilità e della funzione globale dell'articolazione. Può colpire entrambe le anche (coxartrosi bilaterale) ed è più frequente negli individui dopo i 50 anni di età, di sesso femminile ed in sovrappeso, anche se non sono esclusi casi di artrosi precoce. È dovuta ad usura della cartilagine che riveste la cavità acetabolare e la testa del femore che a lungo andare espone l’osso subcondrale determinando dolore e limitazione funzionale.

Sintomatologia


Il sintomo principale dell’artrosi dell’anca è il dolore soprattutto nei primi movimenti dopo immobilità prolungata. La sua evoluzione può portare alla perdita di elasticità del movimento  ed irrigidimento doloroso e progressivo dell’articolazione con accorciamento dell’arto interessato. Il paziente con artrosi dell'anca compie con estrema difficoltà i più comuni gesti della vita quotidiana quali raggiungere il piede per infilare una scarpa o mettere un calzino. Possono associarsi una impossibilità ad estendere completamente il ginocchio, dolore in regione inguinale irradiato al ginocchio e atrofia della coscia.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Ad oggi purtroppo non c’è una cura per l’osteoartrosi, ad ogni modo nelle fasi iniziali della patologia possono essere messi in atto una serie di accorgimenti per rallentare l’evoluzione e limitare la sintomatologia. Il trattamento non farmacologico consiste nel cambiamento dello stile di vita e del tipo di attività fisica, nel calo ponderale e la riduzione delle attività che aggravano i sintomi. Possono essere utili esercizi per mantenere il tono, la resistenza, l’articolarità e l’elasticità dei muscoli dell’anca. L’utilizzo di ausili ( una o due stampelle o deambulatori), nei casi più evoluti, potrebbe aumentare l’autonomia del paziente. Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di Paracetamolo, farmaci antinfiammatori, condroprotettori (condroitin e glucosamina solfato), viscosupplementazione (infiltrazioni ecoguidate con acido ialuronico e/o cellule staminali mesenchimali), infiltrazioni locali di corticosteroidi ed anestetico nei casi di coxalgia acuta. In generale minore sarà il grado di artrosi, maggiore sarà il beneficio. La terapia infiltrativa con Acido Ialuronico e/o cellule staminali mesenchimali è una procedura veloce (durata 15’ circa) che permette al paziente, almeno nell’ immediato, di evitare l’intervento chirurgico ed in tal senso, la letteratura mondiale è concorde nel riconoscere i benefici dell’ acido ialuronico nel paziente che presenti un artrosi di grado lieve-moderata e quindi nel paziente non operabile per la giovane età e/o che presenti delle comorbilità. In ogni caso comunque permette di procrastinare l’intervento chirurgico.

Trattamento chirurgico

Nei casi di artrosi avanzata e laddove la terapia conservativa non sortisce alcun beneficio, è indicato l’intervento chirurgico che consiste nella sostituzione protesica dell’anca. La protesi è un intervento chirurgico in cui l’articolazione degenerata viene sostituita con una nuova e scorrevole. In genere le protesi sono fatte di un metallo poroso che favorisce l’integrazione con l’osso mentre le superfici di scorrimento sono in polietilene (plastica molto dura) oppure in ceramica. L’intervento chirurgico consiste nel rimuovere la parte interna dell’acetabolo che viene sostituita con una componente metallica ed una superficie interna in ceramica o polietilene. In egual modo la testa femorale usurata viene rimossa e sostituita da una componente metallica collocata nel femore sulla quale viene montata una componente articolare sferica in ceramica.

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Sindrome dolorosa del

grande trocantere

COS’È LA SINDROME DOLOROSA DEL GRANDE TROCANTERE?

È la borsite più comune della zona coxofemorale, nonchè la causa più frequente della cosiddetta “sindrome dolorosa del grande trocantere” (GTPS) conosciuta anche come “trocanterite”. La borsite trocanterica è un processo infiammatorio che colpisce le borsa sinoviali collocate sopra e sotto il grande trocantere. (borsite superficiale e borsite profonda). Le borse contengono una piccola quantità di liquido ed essendo posizionate tra ossa e tessuti molli, agiscono da cuscinetti per ridurre l’attrito. La borsite trocanterica della borsa superficiale (tra il gran trocantere e la fascia lata) è più frequente e generalmente meno grave, mentre quando la borsite interessa anche le borse profonde (tra il tendine del grande gluteo  e l’osso o all’ interno del tendine del piccolo gluteo) il quadro clinico è spesso più complicato. La borsite trocanterica può essere scatenata da un processo infiammatorio dovuto all’azione meccanica di muscoli o tendini che sfregano sulla borsa o più spesso da una contusione per un trauma da caduta ( ad es. portieri o giocatori di rugby). Meno frequentemente si manifesta in sport quali la corsa o il ciclismo.

Sintomatologia


Il sintomo principale è il dolore debole o intenso che aumenta o diminuisce a seconda della postura e del movimento, localizzato nella regione esterna dell’anca. Nelle prime fasi il dolore è generalmente ben localizzato. Successivamente, il dolore si può manifestare in vari modi e diffondere in una zona più ampia dell’anca ed estendersi fino al ginocchio, ad esempio durante la deambulazione, nel salire le scale, nell’accovacciarsi, nell’alzarsi da una sedia dopo posizione seduta prolungata e durante il sonno quando si dorme sull’arto affetto.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Per evitare che cronicizzi, sono disponibili vari tipi di accorgimenti e trattamenti conservativi che comprendono: Terapia fisica (onde d’urto, laserterapia, tecarterapia); perdita di peso, modifica dell’attività fisica e dello stile di vita, terapia farmacologica con FANS, fisioterapia manuale ed iniezioni locali con corticosteroidi.

Trattamento chirurgico

L’intervento chirurgico è raramente necessario anche se in caso di persistenza dei sintomi dopo il trattamento conservativo il chirurgo può optare per l’asportazione chirurgica (open o artroscopica) della borsa trocanterica. La procedura artroscopica presenta alcuni vantaggi quali minore invasività, migliore coagulazione, possibilità di non sezionare la fascia lata se non coesiste anca a scatto, tempi di recupero post-opertorio più rapido e meno doloroso.

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Sindrome da conflitto Femoro-Acetabolare


COS’È LA SINDROME DA CONFLITTO FEMORO-ACETABOLARE?

La sindrome da conflitto Femoro-Acetabolare (FAI), è una condizione tipica dei giovani adulti, spesso sportivi, in cui esiste un contatto patologico tra testa del femore e ciglio acetabolare, tale che durante il normale arco di movomento, i due capi articolari non scorrano liberamente ma entrino in conflitto tra loro. Tali anomalie possono essere dislocate sul collo del femore (deformità tipo CAM),  sul versante acetabolare (deformità tipo “PINCER”) o essere entrambe presenti (Impingement combinato). Il contatto patologico riduce il normale arco di movimento e nel tempo potrebbe esitare in rotture del labbro acetabolare e lesione della cartilagine articolare (coxartrosi).

Sintomatologia


I pazienti con conflitto femoro-acetabolare avvertono dolore in regione inguinale e glutea con associata rigidità nel movimento e zoppia. Nelle fasi iniziali, il dolore è presente solo in seguito ad alcuni movimenti dell’anca (infilare un calzino, accavallare le gambe etc..), successivamente si fa sempre più frequente, limitando l’attività sportiva e le più comuni azioni della vita quotidiana. Tra i movimenti che possono scatenare il dolore sono quelli di flessione dell’anca e di inginocchiamento. Caratteristico è il fastidio che si avverte durante la posizione seduta prolungata. In alcuni casi si possono avvertire scrosci e blocchi articolari.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Nei pazienti non candidati all’intervento chirurgico, il primo approccio della terapia conservativa è rappresentato dai farmaci antinfiammatori  assunti in modo ciclico e non continuativo. Le infiltrazioni articolari con acido ialuronico eseguite sotto guida ecografica, possono contribuire a lubrificare l’articolazione ed a ridurre la sintomatologia dolorosa. La fisioterapia offre molteplici vantaggi in quanto migliora la mobilità, rinforza i muscoli e modifica la postura del bacino. Nei soggetti obesi,  Il calo ponderale può apportare enormi benefici; le attività fisiche in carico e tutti gli sport da contatto sono da evitare in quanto accelerano la progressione del danno cartilagineo e peggiorano i sintomi.

Trattamento chirurgico

In caso di mancato beneficio dopo la terapia conservativa, se il conflitto femoro-acetabolare è stato diagnosticato precocemente e l’articolazione non presenta franchi segni degenerativi, è possibile intervenire attraverso interventi di rimodellamento (osteoplastiche di resezione), che nella maggior parte dei casi possono essere eseguiti in artroscopia con tecniche mini-invasive. Se invece il conflitto ha già prodotto una degenerazione artrosica conclamata, l’unica soluzione realmente efficace è l’artroprotesi d’anca.

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Sindrome
Retto-Adduttoria


COS’È LA SINDROME RETTO-ADDUTTORIA?

La Sindrome Retto-Adduttoria, nota anche come Pubalgia o Sports Ernia è una patologia infiammatoria dei tessuti molli (muscoli, tendini e legamenti) che si manifesta con dolore a livello del basso addome, nella zona inguinale o nell’interno coscia. I più colpiti sono gli sportivi che praticano sport che richiedono improvvisi cambi di direzione ma può colpire anche persone che non svolgono attività motoria impegnativa nel corso della loro quotidianità. Condizioni ortopediche predisponenti sono la scoliosi, l’iper/ipolordosi ed il marcato varismo delle ginocchia.

Sintomatologia


La forma classica di questa patologia è caratterizzata da sintomatologia dolorosa di intensità variabile, nella regione retto-adduttoria ed inguinale. Il dolore compare solitamente dopo gare o allenamenti, scompare nella fase di riscaldamento e si ripresenta con il sovraccarico da allenamento. I movimenti che evocano dolore sono la flessione del tronco da supino quando si attivano i muscoli anteriori (addominali) e i movimenti di intra ed extra rotazione  e di adduzione ed abduzione dell’anca. Non trattata la pubalgia diventa cronica e non consente il ritorno allo sport.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Le terapie per curare la pubalgia possono essere di diverso tipo: Conservativa, fisica e manuale. Il trattamento conservativo si avvale per correggere le cause meccaniche infiammatorie, dell’ uso di rialzi e plantari correttivi ma comprende anche: Riposo, fisioterapia (massoterapia muscolare e connettivale, stretching assistito e ginnastica eccentrica), terapia fisica (onde d’urto, tecarterapia, laserterapia, e US), FANS ed infiltrazioni locali di corticosteroidi. In alcuni casi si può fare ricorso alla mesoterapia, che con la sua azione antinfiammatoria consente spesso di ottenere buoni risultati. Subito dopo il trauma va osservato per un periodo di almeno 15 giorni riposo assoluto associato a crioterapia e 15 giorni dopo il trauma si possono intraprendere esercizi per rieducare il muscolo alla funzione tramite esercizi di stretching dei muscoli addominali e adduttori.

Trattamento chirurgico

Se le terapie antinfiammatorie, infiltrative e fisioterapiche associate ad un periodo di riposo danno scarsi risultati, si procede con l’intervento chirurgico di riparazione della struttura danneggiata, durante il quale viene effettuata la tenotomia adduttoria al pube per ampliare l’arco di movimento in presenza di una tensione inserzionale dei tendini dei muscoli adduttori della coscia e del retto addominale che esercitano una trazione eccessiva sull’osso pubico e viene anche valutata l’eventuale presenza di un’ipertrofia dei muscoli della regione inguinale che potrebbero esercitare una pressione anomala sui nervi, oppure la presenza di una piccola ernia che potrebbe comprimere le strutture nervose. Così facendo si interviene in maniera risolutiva con un’operazione chirurgica per rimuovere la problematica intervenendo sui muscoli, sui nervi, e curando l’ernia. Con la moderna chirurgia è possibile ritornare ad un’attività lavorativa sedentaria già dal giorno dopo l’intervento e riprendere l’allenamento sportivo non agonistico dopo una settimana.

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Anca a scatto

COS’È L’ANCA A SCATTO?

Si tratta di una condizione morbosa caratterizzata, come si evince dal nome stesso, dalla sensazione di scatto accompagnata spesso da un vero e proprio rumore percepito dal paziente o anche da persona vicina, durante la deambulazione o se si fanno particolari movimenti dell’anca (rotatori o alzarsi da seduti ad esempio). Lo scatto è provocato dal movimento di un muscolo o tendine non dolente ed è innocuo anche se a lungo andare l’anca a scatto porta ad un'infiammazione delle borse trocanteriche ed a dolore.

Sintomatologia


Esistono due tipi di anca a scatto, in base alla localizzazione della struttura coinvolta: interna ed esterna. Presentano la medesima sintomatologia ma l’anca a scatto esterna è quella che si verifica con più frequenza ed è causata dallo scivolamento della bendelletta ileo tibiale ispessita posteriormente sul grande trocantere determinando uno schiocco associato a dolore. Anche la borsa trocanterica che si trova tra la banda ileo-tibiale e l’inserzione ossea del medio gluteo e del vasto laterale può infiammarsi come conseguenza del continuo sfregamento e creare dolore. L’anca a scatto interna può essere dovuta sia al tendine del retto femorale sia ad un anomalo scorrimento del tendine del muscolo Ileopsoas sopra la capsula articolare e la testa del femore che produce uno schiocco facilmente udibile associato a dolore. Lo scatto avviene principalmente nei movimenti di flesso-estensione dell’anca.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo prevede inizialmente un periodo di riposo mentre in una seconda fase include un programma fisioterapico incentrato sullo stretching e finalizzato ad allungare le strutture che scattano: una volta detese, anche lo scatto si risolverà. Gli esercizi di stretching della fascia lata sono dunque indicati nelle forme esterne mentre quelli di stretching dell’ ileopsoas sono indicati nelle forme interne. In caso di borsite associata, riposo, ghiaccio e FANS permetteranno di alleviare i sintomi.

Trattamento chirurgico

Solo eccezionalmente si ricorre alla chirurgia per sopprimere uno scatto refrattario ad ogni terapia incruenta: in questo caso la detensione del tendine o della fascia troppo contratta permette di eliminare il disturbo. Nelle rare forme intra-articolari l'indicazione è sempre chirurgica: l’artroscopia oggi permette di rimuovere la maggior parte dei corpi mobili in modo veramente mini-invasivo. Solo pochissimi casi richiedono ancora un intervento chirurgico tradizionale.

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Fratture di femore

prossimale

COSA SONO LE FRATTURE DI FEMORE PROSSIMALE?

Una frattura prossimale di femore interessa il terzo prossimale dell’osso ovvero l’estremità che si congiunge con l’articolazione dell’anca e si verifica soprattutto per traumi ad alta energia nel giovane oppure nell’anziano per l’osteoporosi.

Sintomatologia


Il paziente affetto da frattura di femore prossimale avverte un dolore acuto in regione inguinale e glutea; non può assumere la posizione ortostatica né flettere o ruotare l’arto affetto che può presentarsi accorciato ed extra ruotato.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Solo alcune fratture composte oppure le fratture di femore prossimale riportate da pazienti che presentano delle comorbilità o ancora pazienti non autosufficienti nella deambulazione già prima del trauma, possono essere gestite con un trattamento conservativo ma vengono comunque monitorate radiograficamente per evitare eventuali complicanze quali ad esempio una scomposizione dei frammenti. 

Trattamento chirurgico

Se il trattamento conservativo non dà alcun beneficio oppure quando la cisti recidiva, si ricorre alla chirurgia. L’intervento si prefigge di rimuovere completamente la cisti con il suo peduncolo. Necessita al massimo di una notte di ricovero (Day Surgery). Dopo l’intervento è necessario indossare una polsiera armata per circa 2 settimane e dopo di che il paziente potrà iniziare gradualmente a mobilizzare il polso. Dopo l’ intervento chirurgico, alcuni pazienti possono lamentare per un certo periodo di tempo una lieve dolenzia ed una modica tumefazione a livello della cicatrice chirurgica.

La frattura del femore prossimale generalmente necessita dell’intervento chirurgico ed il trattamento varia principalmente dal tipo di frattura. Possono essere effettuati diversi tipi di interventi chirurgici che vanno dalla sintesi percutanea con viti alla sintesi con chiodo endomidollare fino all’utilizzo di endoprotesi (protesi parziali di anca) o artroprotesi (protesi totali di anca).




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