Infiltrazioni
ecoguidate
L’infiltrazione ecoguidata nelle patologie ortopediche è una procedura che permette di somministrare un farmaco, un anestetico, un antinfiammatorio, un fattore di crescita o un nutriente mediante punture locali o meglio infiltrazioni esattamente dove serve al fine di ottimizzarne la funzione.
Grazie all’uso della guida ecografica è possibile visualizzare l’avanzamento dell’ago in tempo reale su monitor ecografico finché non viene raggiunta la zona ove il farmaco deve essere iniettato.
Le infiltrazioni sotto guida ecografica consentono la somministrazione del farmaco con la massima precisione ed efficacia.

Inoltre, l’ecografia è una metodica non invasiva, poco costosa e che non utilizza radiazioni ionizzanti.
Tutte le articolazioni possono essere infiltrate con l’ausilio dell’ecografia, ma quelle che ne traggono un maggior vantaggio sono senza dubbio quelle più profonde.
La prima articolazione ad essere infiltrata sotto guida ecografica è stata quella dell’anca. Essendo un’articolazione profonda si giova molto dell’aiuto ecografico. Infatti, l’utilizzo dell’ecografo consente all’operatore di seguire sul monitor, in tempo reale, la direzione dell’ago mentre questo raggiunge il collo femorale e la capsula articolare evitando, mediante l’utilizzo dell’ecocolordoppler, i vicini nervi e vasi profondi che la circondano.
Il farmaco, o meglio dispositivo medico, più comunemente utilizzato è l’acido ialuronico.
I candidati ideali per questa procedura sono i pazienti con artrosi lieve o moderata. L’intera procedura ha una durata di circa 15’ alla fine dei quali il paziente potrà riprendere da subito le proprie attività quotidiane.
Altra sede dove l’ecografia trova la sua massima utilità è la spalla. Le infiltrazioni ecoguidate alla spalla consentono di discriminare tra le diverse strutture sede di lesione (intra o extrarticolari) e di eseguire infiltrazioni mirate basate sulla clinica e sull’ecografia dinamica (in movimento) della spalla, in modo da ottenere il massimo beneficio con la procedura infiltrativa. In particolare l’articolazione gleno-omerale risente di variazioni dovute ad artrosi, postura, e sublussazioni, per cui risulta difficile riuscire ad infiltrarla senza una guida. Anche il tendine del capo lungo del bicipite, spesso doloroso in quanto degenerato, ha una guaina sinoviale che lo avvolge spessa solo pochi millimetri, per cui la precisione infiltrativa legata alla guida ecografica è insostituibile per ottenere un buon risultato.
Possono essere somministrati farmaci antinfiammatori a lento rilascio, dispositivi medici che agiscono da lubrificanti delle articolazioni come l’acido ialuronico oppure nutrienti e fattori di crescita come i fattori di crescita piastrinici, derivati dalle piastrine del paziente e ricavate da un campione di sangue prelevato dal paziente stesso e centrifugato.
Trattamenti
Esistono diverse tipologie di infiltrazioni: le infiltrazioni articolari e le infiltrazioni periarticolari nelle quali vengono utilizzati solitamente acido ialuronico, corticosteroidi e anestetici. Nel primo caso, il prodotto viene iniettato internamente all’articolazione e nel secondo in una sede adiacente all’articolazione. Anche il prodotto che viene utilizzato ha un suo ben preciso significato. Sostanzialmente si distinguono tre categorie differenti: gli antinfiammatori, la viscosupplementazione e le terapie biologiche.
Poi vi sono le infiltrazioni eseguite nelle neuropatie periferiche e nel Low Bach Pain per prevenire e trattare il dolore determinato dall'infiammazione delle radici nervose e/o muscolare.
Infiltrazioni
con antinfiammatori
Le infiltrazioni di cortisone sono utilizzate nella pratica clinica quotidiana per ridurre l’infiammazione nell’ambito di numerose patologie anche se è ormai chiaro che questo costituisce un danno se usato cronicamente nelle articolazioni ed infatti il suo utilizzo richiede un’attenta valutazione da parte dello specialista.
Esistono diversi preparati steroidei che possono essere utilizzati e si distinguono fondamentalmente due grandi classi: quelli ad azione rapida ed i cristallizzati a lento rilascio.
Per una condizione acuta in cui si vuole ricercare un effetto immediato, è appropriato utilizzare un corticosteroide ad azione rapida, ma dall’effetto meno duraturo, mentre di fronte a condizioni infiammatorie croniche, è preferibile usare steroidi ad insorgenza più lenta ma a maggior durata d’azione come i cristallizzati.
Le infiltrazioni di cortisone sono solitamente utilizzate nel trattamento conservativo di patologie articolari che riconoscono una componente infiammatoria, come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, l’artrite gottosa e l’acutizzazione di processi artrosici. Analogamente, i cortisonici possono essere iniettati localmente per trattare tendiniti e borsiti. A prescindere dal cortisonico che verrà utilizzato per la terapia infiltrativa, le infiltrazioni di cortisonici può prevedere l’aggiunta di un farmaco ad azione anestetica, generalmente la lidocaina.
L’infiltrazione intrarticolare si effettua direttamente a livello della struttura interessata dalla flogosi, con l’obiettivo di massimizzare l’azione antinfiammatoria e ridurre al minimo gli effetti collaterali possibili assumendo uno steroide per via orale. L’infiltrazione, oltre che in tutte le articolazioni, può essere eseguita anche nelle borse ed in adiacenza alle guaine tendinee, al fine di ridurre la flogosi. In caso di versamento articolare è opportuno aspirare l’essudato sinoviale infiammatorio prima di eseguire l’infiltrazione con lo steroide.
Lo schema terapeutico delle infiltrazioni di cortisone variano in base alla patologia da trattare ed al suo livello di gravità ma solitamente il ciclo prevede un’infiltrazione con cadenza settimanale per 3-5 settimane eseguibile nell’arco di un anno. Solitamente dopo 48 ore il paziente riferisce beneficio ed il massimo effetto si ha generalmente nell’arco di un mese. Se da un lato la sua efficacia nel ridurre il dolore è particolarmente elevata, d’altro canto un suo utilizzo prolungato può essere causa di degenerazione di legamenti, ossa e tendini. Inoltre le infiltrazioni di cortisone sono controindicate nei pazienti diabetici, ipertesi, immunodepressi e con grave osteoporosi, di conseguenza il suo utilizzo deve essere limitato alla fase acuta della patologia, quando il dolore e l’infiammazione sono importanti e la mobilità articolare è limitata, superata la quale possono essere prese in considerazione le infiltrazioni con acido ialuronico. Se effettuate nel rispetto delle regole di asepsi (rimozione peli, accurata detersione e disinfezione della cute, sostituzione dell’ago dopo aspirazione del farmaco), le infiltrazioni di cortisonici in genere non causano nessun effetto locale di rilievo. In alcuni casi però la terapia infiltrativa può presentare effetti collaterali a livello locale come ad esempio la riacutizzazione del dolore dovuta alla cristallizzazione dello steroide iniettato; può durare un paio di giorni e di solito recede con la crioterapia o con l’ausilio di farmaci antinfiammatori non steroidei. Altro effetto collaterale è costituito dalla necrosi adipocitica con conseguente depigmentazione cutanea permanente, in caso di accidentale iniezione nel tessuto sottocutaneo attraverso il tragitto dell’ago di preparati cristallizzati. In rari casi, può verificarsi l’osteonecrosi del tessuto osseo dell’ articolazione infiltrata.
Le infiltrazioni con acido ialuronico: la viscosupplementazione
L'iniezione intra-articolare di acido ialuronico è nota anche come viscosupplementazione, in riferimento alle proprietà visco-elastiche di questa sostanza.
L’acido ialuronico è il componente principale della cartilagine articolare ed è una molecola che in natura viene sintetizzata dalle cellule sinoviali; pertanto è una sostanza che già si trova all’interno dell’articolazione artrosica seppur in minor misura per via del processo patologico in atto. Di conseguenza le infiltrazioni di acido ialuronico sono assolutamente sicure e scevre da rischi.
L’indicazione principale al suo utilizzo è l’artrosi delle articolazioni. Altre indicazioni sono le infiammazioni tendinee specialmente della cuffia dei rotatori della spalla.
L’acido ialuronico è una lunga molecola rettilinea e presenta una particolare consistenza viscosa che lo rende un’ottima sostanza lubrificante dell’articolazione. Presenta inoltre una minima capacità di nutrimento della cartilagine articolare ancora sana ed una blanda capacità antinfiammatoria. Quest’ultima può essere amplificata dall’utilizzo contemporaneo di cortisone che infatti viene spesso associato alle infiltrazioni di acido ialuronico.
Ovviamente l’acido ialuronico non ha nessuna capacità rigenerativa sulla cartilagine articolare mentre svolge un’azione prettamente meccanica di lubrificazione della cartilagine stessa, riducendo significativamente l’evoluzione dell’artrosi essendo quest’ultima una patologia degenerativa cronica della cartilagine articolare.
Esistono in commercio numerose formulazioni di acido ialuronico e si differenziano tra loro per il rispettivo basso, medio o alto peso molecolare.
Un acido ialuronico ad alto peso molecolare ha un effetto meccanico e riempitivo e tende a rimanere in articolazione per più tempo prima di degradarsi, fino a sei mesi, tant’è vero che solitamente è cosigliato di eseguire al massimo due cicli l’anno. Per rendere meglio l’idea, prediligo un alto peso molecolare nell’infiltrazione di un’articolazione artrosica perché ho bisogno di un effetto riempitivo e lubrificante mentre se mi trovo di fronte ad un’articolazione infiammata o ad una tendinite preferisco utilizzare un acido ialuronico a basso peso molecolare in quanto ha un minore effetto lubrificante e meccanico dell’ articolazione ma un maggior effetto antinfiammatorio.
Nella mia personale esperienza ho riscontrato risultati più che soddisfacenti sia per quanto riguarda il miglioramento dell’articolarità e della funzionalità motoria, sia per quanto concerne la notevole riduzione nell’utilizzo di farmaci antinfiammatori da parte del paziente e di conseguenza una riduzione della spesa sanitaria nonché degli effetti collaterali legati al loro utilizzo. Si tratta di una procedura veloce (durata 15’ circa) che permette al paziente, almeno nell’immediato, di evitare l’intervento chirurgico ed in tal senso, la letteratura mondiale è concorde nel riconoscere i benefici dell’acido ialuronico nel paziente che presenti un artrosi di grado lieve-moderata oppure nel paziente non operabile per la giovane età e/o che presenti delle comorbilità. In ogni caso comunque permette di procrastinare l’intervento chirurgico.
Infiltrazioni nelle neuropatie periferiche e nel
Low Bach Pain
Le infiltrazioni intramuscolari con corticosteroidi, neurotrofici e miorilassanti, molecole attive sulle strutture nervose interessate dal processo patologico dal quale origina il dolore, vengono utilizzate soprattutto per trattare il dolore “radicolare” ovvero il dolore determinato dall’ infiammazione delle radici nervose (ad es. cervicobrachialgia, lombosciatalgia, etc...).
Nella cervicobrachialgia il dolore si irradia dal punto in cui il nervo è compresso fino al cingolo scapolare e al braccio mentre nella lombosciatalgia si irradia dal punto di origine della compressione nervosa fino al gluteo, la coscia, la gamba ed a volte fino al piede.
La comparsa di compressione, e quindi dell’infiammazione del nervo, è spesso causata dalla presenza di un’ernia discale, da un’artrosi vertebrale oppure dal restringimento del canale vertebrale (stenosi del canale).
Il dolore degenerativo del rachide, lombare e cervicale, costituisce una delle patologie dolorose più frequenti nella società attuale e sono scarse le evidenze riguardo a molteplici trattamenti conservativi attualmente utilizzati come la terapia fisica strumentale (Tecarterapia, Ultrasuoni, Laserterapia, trazioni cervicali) oppure l’ozonoterapia per via paravertebrale, che non sembrano influenzare i tempi di ripresa della malattia; i benefici riferiti con queste tecniche spesso sono sovrapponibili al percorso di guarigione spontanea e non esistono evidenze in termini di EBM (medicina basata sulle prove di efficacia) che indichino il contrario.
D’altra parte la letteratura scientifica supporta ormai molteplici evidenze riguardo alla efficacia nel controllo del dolore con le procedure infiltrative, rivolte a controllare il dolore infiammatorio della radice nervosa causato da un’ernia discale o da una patologia vertebrale. I farmaci e gli integratori che comunemente utilizzo nella terapia infiltrativa sono cortisonici, anestetici locali, neurotrofici e miorilassanti. Per limitare il rischio di sanguinamenti ed ematomi, chiedo al paziente di interrompere eventuali terapie anticoagulanti una settimana prima della procedura.
Una volta terminata l’infiltrazione, e dopo essersi accertati che il paziente stia bene, non abbia formicolii o deficit di forza (possibili effetti dell’anestetico locale che scompaiono in pochi minuti), questi può alzarsi e tornare a casa, dove riprenderà le sue normali abitudini evitando magari di eccedere con l’attività fisica.
Nelle ore successive e per qualche giorno dopo l’infiltrazione è possibile, anche se non frequente, avvertire un dolore nel sito dell’iniezione dovuto al traumatismo dell’ago attraverso i tessuti e presentare un piccolo ematoma. Subito dopo l’infiltrazione non è raro che si avverta una immediata attenuazione del dolore: questo effetto è transitorio e dovuto all’anestetico locale, mentre il beneficio vero e proprio è possibile sopraggiunga anche dopo 24-48 ore, nel caso si abbia utilizzato un cortisone a lento rilascio.
Lo scopo dell’infiltrazione è quello di attenuare la sintomatologia dolorosa, ma il paziente per poter completamente recuperare necessita anche di un adeguato percorso riabilitativo di esercizi e stretching della muscolatura paravertebrale.
Secondo le evidenze scientifiche la maggior parte dei pazienti con disordini vertebrali lombo-sacrali presenta un dolore lombare (lombalgia) da riferirsi alla Sindrome Miofasciale Dolorosa (MPS o Myofascial Pain Syndrome), una condizione molto dolorosa che accompagna tutti i disturbi vertebrali e non dei soggetti affetti da "mal di schiena".
La sindome miofasciale dolorosa (Myofascial Pain Syndrome) è un popolare modello utilizzato per spiegare il dolore muscolare senza una causa specifica, concepito da Travell e Simons nel 1983. Gli autori definiscono il dolore miofasciale come un dolore regionale, caratterizzato dalla presenza di uno o più Trigger Point.
Tra i trattamenti proposti la letteratura prevede la procedura TPI (Trigger Point Injection) è numerosi studi clinici prospettici randomizzati, riportano buoni risultati post-iniezione nei Trigger Point, ovvero nei siti miofasciali e muscolari laddove è possibile iniettare farmaci quali antinfiammatori, anestetici locali e miorilassanti. I farmaci comunemente utilizzati includono la lidocaina, la tetracaina, i corticosteroidi, il dicoflenac sodico ed il tiocolchicoside. Numerosi studi hanno dimostrato che le iniezioni nel Trigger Point hanno portato ad un miglioramento del dolore nel paziente e nel range di movimento. Tuttavia, gli studi che hanno confrontato l'efficacia delle iniezioni locali con un trattamento di controllo con un certo valore terapeutico (ad es. Dry Needling) hanno concluso che le iniezioni locali non erano un trattamento significativamente migliore rispetto al Dry Needling, quindi non era il farmaco a creare il beneficio ma l'azione meccanica dell'ago.