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Spalla
PATOLOGIE E TRATTAMENTI
Scopri tutte le patologie della spalla trattate dal Dott. Mario Menna. Per ogni patologia troverai una sezione dedicata con spiegazione della sintomatologia e le possibili modalità di trattamento utilizzabili.
Patologie
Artrosi eccentrica e concentrica
COS’È L’ARTROSI ECCENTRICA E CONCENTRICA DELLA SPALLA?
L’omartrosi è una patologia degenerativa che progressivamente distrugge il normale rivestimento esterno liscio (cartilagine articolare) dell’osso sia dell’omero che della scapola. La cartilagine è un tessuto regolare e ammortizzante che riveste l’osso in modo da consentire il movimento delle articolazioni. Al contrario del tessuto osseo, la cartilagine non è né innervata né vascolarizzata. Proprio per questo, il movimento avviene senza dolore. Quando la cartilagine degenera, diventa ruvida e progressivamente scompare, lo spazio articolare presente tra le ossa della spalla diminuisce fino a farle toccare. Durante il movimento, le ossa dell’articolazione vanno a contatto l’una contro l’altra generando dolore poiché l’osso al di sotto della cartilagine è innervato. Quando per qualsiasi causa la cartilagine viene persa si parla di artrosi. L’artrosi di solito coinvolge le persone di età superiore ai 50 anni; L’artrosi di spalla può essere ricondotta a due differenti tipologie: l’artrosi concentrica e l’artrosi eccentrica. Per capire questa differenza è necessario analizzare come funziona una spalla. La spalla è costituita da due ossa: l’omero che come forma è assimilabile ad una sfera, e la glena (parte della scapola) assimilabile invece ad una superficie piana. La scarsa congruenza tra queste due superfici determina un’ampia libertà di movimento. In parole povere una sfera su un piano deve essere fermata da qualche vincolo per non rotolare via. I vincoli che determinano la stabilità della spalla sono di due tipi: gli stabilizzatori statici (la capsula articolare e i legamenti) e gli stabilizzatori dinamici (i tendini della cuffia dei rotatori). Lo scopo di queste strutture è quello di mantenere stabile la testa omerale al centro della glena quando il muscolo deltoide, principale esecutore del movimento, si attiva per sollevare la spalla.
Tornando all’artrosi di spalla, quando il consumo avviene per la rottura degli stabilizzatori si parla di artrosi eccentrica, nelle altre cause si parla di artrosi concentrica. La differenza tra le due tipologie di artrosi è importante perché è diverso il tipo di trattamento per la risoluzione del problema.
Sintomatologia
Il sintomo principale dell’ artrosi di spalla è il dolore, inizialmente associato solo alle attività più pesanti. Successivamente può comparire rigidità ossia una perdita di elasticità nel movimento ed è il risultato di due fattori: il primo fattore è legato al dolore in quanto più si sente dolore, più non ci si muove e ci si irrigidisce; il secondo fattore è legato alla formazione di protuberanze ossee chiamate osteofiti. Si tratta di veri e propri ostacoli meccanici che non permettono più di raggiungere i gradi estremi del movimento nel lavarsi o vestirsi ed hanno la funzione di bloccare progressivamente il movimento articolare. I sintomi principali di questa patologia sono il dolore e la perdita del movimento a cui si associa di riflesso il deficit di forza. Con l’aggravamento della patologia artrosica può comparire inoltre un gonfiore dell’articolazione legato al versamento articolare.
L’usura cartilaginea infatti produce detriti che devono essere digeriti dal nostro sistema immunitario e provocano l’irritazione della membrana sinoviale che riveste tutte le nostre articolazioni. Tutto questo produce infiammazione e fa comparire dolore anche a riposo specialmente notturno che può anche provocare il risveglio.
Trattamenti
Inizialmente il trattamento per un problema di artrosi di spalla è conservativo. Si possono raccomandare le seguenti opzioni di trattamento: Riposare o cambiare attività per evitare provocazioni del dolore (specialmente le attività che richiedono l’uso prolungato della spalla al di sopra del volto), recuperare la funzione corretta mediante una rieducazione che coinvolge schiena, cervicale, scapole e spalle. Esercizi di terapia fisica possono migliorare i ROM della spalla. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), possono ridurre l’infiammazione e il dolore. Un aiuto all’artrosi di spalla inoltre può venire dalle infiltrazioni di acido ialuronico o di corticosteroidi nella spalla il cui scopo è quello di lubrificare l’articolazione, nutrire la cartilagine residua e rallentare l’infiammazione e il dolore. L’applicazione locale di ghiaccio per 20-30 minuti due o tre volte al giorno può ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore. Gli integratori alimentari possono contribuire ad alleviare il dolore.
Si può prendere in considerazione la chirurgia se il dolore causa disabilità e non è alleviato con opzioni non chirurgiche. Le opzioni di chirurgia di sostituzione includono emiartroplastica, artoprotesi e protesi inversa. Nell’emiartroplastica viene sostituita solo la testa dell’omero da una componente artificiale (artrosi concentrica). Nell’artroprotesi totale della spalla sia la testa dell’omero che la glena vengono sostituiti. Uno spessore di plastica (polietilene) viene inserita nella glenoide mentre una sfera metallica sostituisce la parte superiore dell’omero (artrosi concentrica). Nella protesi inversa (sostituzione inversa della spalla) la sfera di metallo è fissata alla glenoide mentre la parte concava è fissata all’estremità superiore dell’omero. Quest’ultima procedura viene indicata nei pazienti con lesioni massive irreparabili della cuffia dei rotatori (artrosi eccentrica) oppure nelle fratture pluriframmentarie dell’omero prossimale dei pazienti anziani in cui la sintesi non è indicata a causa dell’alto rischio di necrosi avascolare della testa dell’omero.Il decorso post-operatorio di una protesi di spalla è caratterizzato per tutti i tipi di impianto dal mantenimento di un tutore di spalla per circa 1 mese. In questo periodo verrà concessa la libertà di esecuzione di alcuni semplici esercizi per non sviluppare gravi rigidità di spalla.
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Lesioni della cuffia dei rotatori traumatiche e degenerative
COS’È UNA LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI?
La cuffia dei rotatori è un insieme di quattro tendini, sopraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo che originano dalla scapola e si inseriscono sulla testa dell’omero. Si contraggono in maniera sincronizzata per garantire stabilità e forza alla spalla. Ognuno di questi tendini può andare incontro a rottura e provocare problemi alla funzionalità della spalla. Una rottura della cuffia dei rotatori può avvenire per un trauma ( una caduta, una distorsione o lussazione di spalla) oppure per un consumo graduale legato all’età con degenerazione del tendine. Spesso la lesione interessa il tendine sovraspinato poiché quello maggiormente sollecitato. Dopo una lussazione nei pazienti over 40 andrebbe sempre sospettata una lesione dei tendini della cuffia dei rotatori. La maggior parte delle lesioni però non sono traumatiche ma degenerative. Anche in questo caso, il tendine sovraspinato è il primo a rompersi ma spesso sono coinvolti anche sottoscapolare e sottospinato.
Sintomatologia
I principali sintomi di una lesione della cuffia dei rotatori sono il dolore (anche notturno) e la perdita di forza. Solitamente, le lesioni traumatiche causano dolori intensi, mentre in quelle degenerative, poiché la rottura avviene gradualmente, la spalla ha tutto il tempo di trovare una forma di compenso. Attività comuni come pettinarsi, lavarsi o allacciarsi il reggiseno, possono causare problemi.
Trattamenti
In una buona percentuale di pazienti il primo approccio è conservativo, allevia il dolore e migliora la funzionalità della spalla. Il trattamento conservativo include: riposo (evitando l’utilizzo di tutori per prevenire il rischio di rigidità ed attività che sollecitano la spalla e provocano dolore), antinfiammatori non steroidei, terapia fisica, infiltrazioni intrarticolari con corticosteroidi ed anestetico, esercizi per il rinforzo della muscolatura del cingolo scapolare.
Se il dolore è la funzionalità non migliorano dopo il trattamento conservativo, nel soggetto attivo l’intervento chirurgico in artroscopia può essere una buona soluzione soprattutto se il dolore non recede da oltre 6 mesi, la lesione della cuffia dei rotatori è > di 3 cm e la qualità del tendine è buona e se vi è una perdita significativa della funzionalità della spalla. L’artroscopia di spalla è un intervento mini-invasivo che permette attraverso piccoli fori di riattaccare il tendine rotto mediante piccoli punti di fissazione detti ancore dotate di fili non riassorbibili, nella sede da cui si è staccato sulla testa dell’omero. Il ritorno ad un'attività normale dovrà essere coadiuvato da un buon programma di fisioterapia. Spesso durante l’operazione al tendine di spalla per riparare la cuffia dei rotatori viene eseguita in artroscopia anche l’acromionplastica. Si tratta di una limatura dell’osso della scapola che si esegue per diversi motivi. Il primo motivo è se l’acromion risulta agli esami preoperatori aggressivo. In tal caso potrebbe costituire una fonte di attrito per i tendini riparati. Il secondo motivo è legato al fatto che il sanguinamento che ne deriva potrebbe favorire la guarigione portando vicino al tendine fattori di crescita per la guarigione.
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Patologie del capo lungo del bicipite
COSA SONO LE PATOLOGIE DEL CAPO LUNGO DEL BICIPITE?
Il muscolo bicipite brachiale ha due tendini prossimali nella spalla: il capo lungo ed il capo breve. Il capo lungo origina dal labbro glenoideo superiore, passa attraverso il legamento omerale trasverso tra la piccola e la grande tuberosità omerale (trochine e trochite). Le patologie a carico del capo lungo del bicipite possono essere Tendiniti, rotture, sub-lussazioni o lussazioni e Slap lesion. La tendinopatia del capo lungo del bicipite è un’infiammazione generalmente causata da microtraumi ricorrenti, uso eccessivo, attività ripetitive overhead (lavori o sport che portino ad un continuo uso della mano sopra la testa ad es. Basket, baseball, tennis, pallavolo, nuoto). La rottura in seguito a trauma o degenerazione eccessiva avviene al solco bicipitale. Caratteristico è il segno di “Popeye” poiché la porzione più esterna del bicipite apparirà detesa anche se la perdita di funzionalità è veramente minima perché il muscolo resta attaccato all’osso (coracoide) attraverso il capo breve del bicipite. La sub-lussazione o lussazione si verifica in seguito alla lesione del legamento omerale trasverso e della puleggia che guidano il capo lungo del bicipite nel solco bicipitale.
Quando è rotto, il tendine sublussa o lussa dal solco bicipitale. Tale rottura della puleggia può essere associata a rottura parziale del tendine Sottoscapolare. La Slap lesion (Superior Labrum from Anterior to Posterior) è una patologia del cercine superiore che si verifica in corrispondenza dell’inserzione del capo lungo del bicipite. Se paragoniamo la glena ad un orologio, il cercine superiore va da ore 10 ad ore 2 (in una spalla destra).
Sintomatologia
Solitamente una patologia a carico del capo lungo del bicipite determina una limitazione funzionale progressiva dell’arto superiore ed un dolore che presente anche a riposo, tende a peggiorare con l’attività e con il movimento della spalla. Il dolore generalmente è localizzato nella parte anteriore della spalla e si irradia distalmente verso il braccio e può essere associato o meno a sensazione di “scatti” se concomita una sublussazione.
Trattamenti
ll trattamento di una lesione del Capo lungo del bicipite varia a seconda della morfologia, delle esigenze, dell'età e delle condizioni cliniche generali del paziente. Generalmente l’approccio iniziale è conservativo e solo in seconda istanza chirurgico. Il primo passo verso il recupero è quello di evitare attività che causano dolore. Nel caso di tendiniti, il trattamento conservativo prevede Ghiaccio in loco 15’ più volte al giorno, terapie fisiche, farmaci antiinfiammatori non steroidei ed infiltrazioni con cortisone o PRP associati ad esercizi di rinforzo della muscolatura del cingolo scapolare.
Se la sintomatologia dolorosa non dovesse migliorare con la terapia conservativa l’intervento chirurgico può essere la soluzione. La chirurgia per la tendinopatia del capo lungo del bicipite viene normalmente eseguita artroscopicamente e prevede due opzioni principali: La tenotomia o la tenodesi del capo lungo del bicipite. Il tasso di complicanza di questo intervento chirurgico è molto basso. La tenotomia consiste nella sezione del capo lungo del bicipite in prossimità dell’ancora bicipitale. E’ indicato in pazienti anziani e con basse richieste funzionali. Alla scomparsa del dolore si assoceranno però possibili crampi e l’effetto estetico Popeye (Braccio di Ferro). Nella tenodesi viene rimossa la sezione danneggiata del capo lungo del bicipite ed il tendine viene riattaccato all’omero con una o più ancorette da sutura o con una vite ad interferenza. E’ indicato per pazienti attivi giovani e per evitare l’effetto “Popeye” nelle persone magre. In caso di tenodesi artroscopica, il paziente dovrà indossare un tutore per tre settimane per favorire i tempi biologici di cicatrizzazione. Potrà rimuovere il tutore da subito per lavarsi ed eseguire esercizi che verranno spiegati al momento della dimissione.
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Instabilità e lussazione
della spalla
COSA SONO INSTABILITÀ E LUSSAZIONE DELLA SPALLA?
La spalla è l’articolazione che permette la più ampia mobilità di tutto il nostro apparato locomotore. Per consentire questa libertà di movimento, la spalla è dotata di una struttura ossea poco vincolante e allo stesso tempo di strutture vincolanti (labbro glenoideo e legamenti) che rinforzano la capsula articolare e la mantengono al suo posto. L’instabilità o lussazione della spalla si verifica quando l’ efficacia di questi vincoli viene persa. Ciò accade solitamente a causa di un trauma sportivo, un incidente stradale, una caduta, una distorsione. Una volta che la spalla si è lussata è maggiormente incline a ripeterne gli episodi facendo diventare la patologia cronica.
Le lussazioni della spalla possono essere parziali, con la testa che fuoriesce solo parzialmente dalla glena (sublussazione). Una dislocazione completa (lussazione) insorge quando la testa dell’omero fuoriesce completamente dalla glena. Una volta che i legamenti, i tendini ed i muscoli della spalla si indeboliscono o addirittura si rompono, le lussazioni possono verificarsi ripetutamente anche per traumi minori rispetto al primo. L’instabilità cronica della spalla è la persistente incapacità di questi tessuti a mantenere la testa dell’omero centrata nella glena.
Sintomatologia
La vita di tutti i giorni in pazienti affetti da instabilità di spalla è limitata fortemente non solo dalla sintomatologia che alcuni movimenti causano, ma soprattutto per la paura che l’episodio di lussazione possa insorgere nuovamente. I sintomi comuni dell’instabilità cronica della spalla sono: dolore, instabilità e lussazioni ripetute, progressiva limitazione funzionale (nei movimenti di extrarotazione ed abduzione). Nel momento in cui dopo una lussazione ci sia stato anche un danno osseo, la sintomatologia dolorosa è più marcata e molto spesso si dovrà ricorrere ad interventi chirurgici.
Trattamenti
Il trattamento conservativo è strettamente legato al rischio di recidiva della lussazione. Ci vorranno spesso diversi mesi di trattamento non chirurgico prima di poter dire quanto questo dia risultati favorevoli. Spalle a basso rischio possono avere un trattamento riabilitativo che consiste in una rieducazione motoria detta propriocettiva, per recuperare un giusto coordinamento nei movimenti che vanno dalla colonna vertebrale, alla scapola, alla spalla, associata a trattamenti di rinforzo muscolare mirato affinché gli stabilizzatori dinamici, i muscoli della cuffia dei rotatori, possano compensare il difetto dei legamenti. Farmaci antinfiammatori non steroidei possono ridurre il dolore e gonfiore.
La chirurgia si basa sul principio di base secondo il quale ogni volta che la spalla esce dalla sua sede causa un danno poiché legamenti, tendini, cartilagine e osso vengono irrimediabilmente danneggiati ad ogni episodio di lussazione della spalla. È spesso necessaria per riparare il labbro glenoideo distaccato durante l’episodio di lussazione in modo che possa meglio tenere l’articolazione in sede (figura 1). Esistono diversi criteri che statisticamente aiutano nella scelta e sono l’età e il sesso del paziente, la presenza di danni ossei, il tipo di attività fisica svolta dal paziente ed il numero di lussazioni. Per le spalle ad elevato rischio di recidiva, la soluzione è l’intervento chirurgico. L’artroscopia è una chirurgia mini-invasiva che è, al giorno d’oggi, considerata il gold standard per questo tipo di patologia almeno per quanto riguarda il primo tentativo chirurgico. Artroscopicamente si procederà al riposizionamento del labbro glenoideo in sede mediante specifiche ancore (figura 2).
Figura 1
Figura 2
Figura 3
In caso di recidiva di lussazione dopo intervento chirurgico artroscopico ed in specifici casi selezionati si procederà ad un intervento “open” chiamato Latarjet che oltre a riparare i legamenti può compensare difetti anatomici di osso o di legamenti più importanti e viene riservato dunque al trattamento di lesioni più gravi (figura 3).
In entrambi i casi, all’intervento chirurgico seguirà un importante riabilitazione (fino ad un massimo di 6 mesi) per il ritorno alle attività sportive.
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Spalla congelata
COS’È LA SPALLA CONGELATA?
La “spalla congelata”, detta anche “capsulite adesiva” o “frozen shoulder” è una patologia infiammatoria che provoca dolore e perdita di mobilità dell’ articolazione scapolo-omerale e con il passare del tempo porta ad una spalla rigida molto difficile da muovere anche se si devono compiere i gesti più semplici.
Questa patologia colpisce di solito le persone tra i 40 ei 60 anni, e si verifica maggiormente nel sesso femminile. Sono fattori di rischio della patologia il diabete, l’ipo/ipertiroidismo, la malattia di Parkinson e le malattie cardiache; inoltre pare possa essere collegata a problemi autoimmuni. Può insorgere dopo immobilizzazione della spalla per un lungo periodo di tempo a causa di un intervento chirurgico, una frattura o un’altra causa.
Sintomatologia
Questa patologia interferisce in maniera importante con la qualità di vita del paziente impedendogli di svolgere anche i gesti più semplici della vita quotidiana. Il dolore è maggiore nella prima fase della patologia per poi attenuarsi nella fase di “scongelamento” caratterizzata dal recupero parziale o totale del movimento dell’articolazione.
Trattamenti
Il trattamento conservativo prevede farmaci antinfiammatori, fisioterapia e terapia fisica; la spalla congelata generalmente migliora nel tempo, anche se la guarigione può richiedere qualche anno. L’obiettivo del trattamento è quello di controllare il dolore e ripristinare il movimento e la forza. I farmaci antinfiammatori non steroidei per ridurre il dolore sono solitamente associati alla fisioterapia che comprende esercizi di movimento e stretching e contribuisce a ripristinare il movimento della spalla. Utili sono le infiltrazioni con cortisone direttamente in articolazione per alleviare il dolore e migliorare la mobilità articolare.
Se la sintomatologia dolorosa ed il recupero della funzionalità articolare della spalla non migliorano, si può intervenire chirurgicamente. L’obiettivo della chirurgia per le spalle congelate è quello di allungare e rimuovere eventualmente, parte della capsula articolare rigida. I metodi più comuni includono la manipolazione in anestesia (mobilizzazione in narcosi) e successivamente l’artroscopia della spalla.
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Periartrite
scapolo-omerale
COS’È LA PERIATRITE SCAPOLO-OMERALE?
Per periartrite scapolo-omerale si intende un processo infiammatorio e degenerativo che colpisce i tessuti che circondano l’articolazione della spalla (tendini, tessuto connettivo e borsa sierosa). Di conseguenza è un termine generico che abbraccia una serie di patologie differenti tra loro ma che oggi sono classificate come patologie ben definite quali la tendinite, la tendinite calcifica, la borsite e l’attrito sub-acromiale.
La periartrite scapolo-omerale colpisce soprattutto il sesso femminile in una fascia di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Può essere causata dalla tendinite calcifica del sopra e sottospinato, da lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori, della capsulite adesiva, da una tendinite del capo lungo del bicipite brachiale o da un’infiammazione della borsa subacromiondeltoidea che possono verificarsi in seguito ad un trauma acuto (ad es. una caduta che ha coinvolto la spalla), oppure per usura dei tessuti stessi in seguito ad eccessivo carico di lavoro (soprattutto negli sportivi o in chi effettua lavori manuali). Età avanzata, postura e carenza di esercizio fisico sono fattori di rischio.
Sintomatologia
Il sintomo tipico della periartrite scapolo-omerale è il dolore sia a riposo che durante il movimento, spesso accompagnato da una sensazione di calore nell’area circostante. In alcuni casi è presente una tumefazione dei tessuti, conseguenza dell’infiammazione stessa, che può causare una notevole limitazione funzionale dei movimenti possibili ed un dolore particolarmente intenso anche notturno.
Trattamenti
L’obiettivo del trattamento conservativo mira alla risoluzione del dolore e si avvale della crioterapia e di infiltrazioni intraarticolari con corticosteroi di ed anestetico che solitamente sono risolutive. Di frequente la periartrte scapolo-omerale si accompagna ad un altra patologia, la tendinite calcifica, caratterizzata da depositi di cristallo di calcio sulla superficie dei tendini. La tendinite calcifica si può risolvere abbastanza velocemente attraverso la tecnica del lavaggio endoscopico, un trattamento semplice e poco invasivo che darà al paziente sollievo dal dolore per qualche settimana ma nella gran parte dei casi, non risolve la situazione perchè la tendinite calcifica è quasi sempre un effetto dell’infiammazione, di conseguenza risolvere la tendinite calcifica senza identificare e trattare le vere cause dell’infiammazione, darà beneficio per un breve periodo, terminato il quale, il problema si ripresenterà inevitabilmente.
La periartrite scapolo-omerale solitamente si risolve senza che sia necessario un intervento chirurgico in artroscopia. specialmente se diagnosticata in fase precoce.
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Spalla fluttuante
(floating shoulder)
COS’È LA SPALLA FLUTTUANTE?
L’associazione di una frattura della clavicola e del collo della glenoide è chiamata “Floating shoulder” un trauma di rara frequenza caratterizzato dall’instabilità del cingolo scapolare. In una frattura semplice del collo della scapola, la glenoide viene mantenuta in sede grazie all’inserzione dei legamenti coraco-acromiali e coraco-claveari sulla clavicola intatta. In caso di lesioni associate, questa stabilità viene a mancare.
Sintomatologia
Il sintomo principale è il dolore associato a notevole limitazione funzionale nei tentativi di movimentazione della spalla e del tronco.
Trattamenti
Il trattamento conservativo è indicato nelle fratture composte o in quei pazienti che presentano una minima scomposizione mediale della glena (inferiore a 3 cm) e consiste nel posizionamento di un tutore di spalla a 15° di abduzione da indossare 30 giorni permettendo la mobilizzazione di mano, polso e gomito.
È indicato nelle fratture scomposte, quando la scomposizione mediale della glenoide è maggiore di 3 cm, quando la frattura scomposta della clavicola è associata alla lesione dei legamenti acromion-claveari e coracoclaveari (la cui rottura consente una maggiore medializzazione del collo della scapola), nel paziente traumatizzato che necessita di deambulare con stampelle nel minor tempo possibile e quando la retroversione della glenoide è maggiore di 40°. Solitamente l’intervento chirurgico consiste nell’osteosintesi della clavicola con placca e viti anche se, in caso di persistente scomposizione della frattura della scapola dopo aver eseguito la sintesi della clavicola (diastasi maggiore di 0,5-1 cm), è opportuno sintetizzare anche la scapola al fine di evitare uno scardinamento (fallimento) della sintesi della clavicola. Dopo l’intervento chirurgico, segue programma riabilitativo con fisiokinesiterapia passiva ed attiva assistita ed in acqua.
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Discinesia scapolo
toracica
COS’È LA DISCINESIA SCAPOLO TORACICA?
Una normale funzionalità della spalla è possibile solo grazie al funzionamento in concerto di un complesso meccanismo creato dalla scapola e dal torace. Alterazioni nel movimento scapolo-toracico o anomalie di posizione della scapola sono definite “Scapola alata” o più di recente “Discinesia scapolo-toracica” (“dys” = alterazione di “kinesis” = movimento). I disturbi della scapola provocano una deviazione, o alterazione sia durante la posizione normale di riposo sia durante il movimento della scapola. Nella maggior parte dei casi, alterazioni della scapola possono essere osservate guardando il paziente da dietro. Il bordo mediale (interno) della spalla interessata apparirà più prominente di quello sul lato opposto. Questa condizione spesso sarà più evidente quando il paziente sposta il suo braccio lontano dal corpo. Questa è comunemente chiamata scapola “alata”, e talvolta è associata ad un crunching udibile chiamato “snapping”. Le cause della discinesia scapolare includono: debolezza, squilibrio, distacco dei muscoli che controllano la scapola, lesioni ai nervi che forniscono i muscoli, lesioni alle ossa che sostengono la scapola. La postura e l’ipercifosi cervicale sono state descritte come possibili cause di scapola alata ma ulteriori studi sono necessari al riguardo per definire se vi sia o meno una reale responsabilità di queste condizioni. Molti autori hanno collegato la discinesia scapolo-toracica alla spalla dolorosa e alla sindrome da conflitto subacromiale o all’instabilità multidirezionale ma ancora non è chiaro se ne siano causa o conseguenza. Uno sbilanciamento nella funzione della muscolatura periscapolare sembra essere responsabile di molte problematiche a carico della spalla ed il risultato di questo sbilanciamento di forze nella muscolatura periscapolare è appunto la prominenza del margine mediale e dell’apice della scapola durante l’abduzione e la flessione frontale dell’omero.
Sintomatologia
I sintomi e le condizioni strettamente collegate a questa condizione patologica sono il dolore sul bordo supero-mediale della scapola, la debolezza e precoce affaticabilità muscolare del braccio soprattutto quando vengono svolte attività ripetitive o movimenti di sovraccarico, un caratteristico “schricchiolio” che si avverte durante i movimenti di abduzione e flessione frontale dell’omero (Snapping scapula) e la sporgenza notevole della scapola.
Trattamenti
I sintomi della discinesia scapolare solitamente migliorano con il trattamento conservativo. La fisioterapia è alla base del trattamento conservativo. L’obiettivo del trattamento riabilitativo è rinforzare la muscolatura dei muscoli piccolo pettorale, trapezio e dentato anteriore, favorendo gli esercizi di resistenza rispetto a quelli di forza in quanto la muscolatura periscapolare è adibita ad un compito di stabilizzazione posturale.
Solitamente non c’è indicazione ad intervenire chirurgicamente perché con una adeguata e costante fisioterapia si recupera il tono muscolare dei muscoli interessati, anche se, quando il trattamento conservativo fallisce, la chirurgia è necessaria.
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Fratture di omero
prossimale e scapola
COSA SONO LE FRATTURE DI OMERO PROSSIMALE E SCAPOLA?
L’articolazione della spalla è costituita da tre ossa: Omero, clavicola e scapola tra loro connesse da muscoli, tendini e legamenti. Le fratture dello scheletro della spalla comprendono le fratture della clavicola, le fratture della scapola e le fratture della porzione prossimale dell’omero. Le fratture della clavicola o dell’omero prossimale sono più frequenti e si verificano solitamente in seguito ad un trauma diretto, ad esempio per una caduta, mentre le fratture di scapola sono un evento meno frequente e si verificano solitamente per traumi ad alta energia, ad esempio un incidente automobilistico.
Sintomatologia
La sintomatologia dolorosa è sempre molto intensa in caso di frattura ed è solitamente associata a tumefazione ed ematoma. Nello specifico, le fratture di clavicola sono caratterizzate da una deformità del normale profilo anatomico in corrispondenza del focolaio fratturativo e da una limitata articolarità della spalla. Le fratture dell’omero prossimale possono presentare una notevole tumefazione con ematoma, parestesie alla mano e limitata articolarità della spalla. Le fratture di scapola dolore e gonfiore in base a sede e gravità della frattura. Le fratture-lussazioni dell’articolazione acromion-claveare sono caratterizzate da dolore e da una prominenza (segno del “tasto del pianoforte”) in corrispondenza dell’estremità lussata della clavicola. La lussazione di spalla presenta intenso dolore, deformità del normale profilo anatomico, braccio extraruotato e perdita di sensibilità dell’arto
Trattamenti
Le fratture della spalla se sono composte, vengono solitamente trattate conservativamente ovvero con immobilizzazione in tutore, crioterapia ed antinfiammatori. In caso di fratture scomposte o esposte si deve ricorrere all’intervento chirurgico.
Il trattamento chirurgico è riservato alle fratture scomposte o esposte e prevede la riduzione della frattura e la sua osteosintesi solitamente con placche e viti. Alcune fratture che interessano l’omero prossimale possono essere trattate con chiodi endomidollari oppure protesizzazione.
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Fratture
della clavicola
COSA SONO LE FRATTURE DELLA CLAVICOLA?
La clavicola è l’osso che collega lo sterno alla scapola ed oltre ad essere il fulcro per tutti i movimenti della spalla, protegge vasi e nervi dell’arto superiore. La frattura di clavicola è una lesione molto comune che si verifica soprattutto negli atleti che praticano sport da contatto (rugby) oppure sport a rischio caduta (motociclismo, ciclismo, sci) ma può verificarsi anche nelle persone comuni in seguito ad una caduta e trauma diretto sulla spalla o indiretto sul gomito o sulla mano protesa a difesa).
La diagnosi è innanzitutto clinica dopo esame visivo, palpatorio e funzionale della spalla. A completamento diagnostico una radiografia evidenzierà la morfologia della frattura. Nelle fratture pluriframmentarie può essere indicata l’esecuzione di una TAC per una migliore pianificazione preoperatoria.
Sintomatologia
Clinicamente una clavicola rotta causa dolore ed ematoma. Il dolore è minore a riposo ma aumenta se si tenta di sollevare in alto il braccio. Può essere presente una tumefazione ed un'alterazione del normale profilo anatomico in corrispondenza del focolaio di frattura e si possono avvertire crepitii nei tentativi di mobilizzazione dell’arto.
Trattamenti
Il trattamento per le fratture di clavicola è per lo più conservativo, mediante applicazione di tutori alla “Petit” (Figura 1), che hanno l’obiettivo di allineare e mantenere ridotta la frattura. La terapia, in caso di forti dolori, prevede l’impiego di antidolorifici ed antinfiammatori. Attenuatasi la sintomatologia dolorosa, dopo 4 settimane, il paziente esegue una nuova radiografia (per escludere ulteriore scomposizione della frattura e formazione del callo osseo) ed inizia esercizi riabilitativi per ridurre al minimo la rigidità e riacquisire le normali funzionalità.
Figura 1 - (Tutore alla “Petit”)
Il trattamento chirurgico è consigliato nelle fratture di clavicola scomposte e si pone come obiettivo quello di riallineare i monconi di frattura e di stabilizzarli mediante l’utilizzo di placca e viti, per garantire durante il processo di guarigione, una corretta posizione e consolidazione della frattura (figura 2). Il gesto chirurgico, consiste in un’incisione cutanea longitudinale di alcuni centimetri che permetta la completa visualizzazione della frattura e consenta la riduzione anatomica della stessa. Nel postoperatorio, può essere utilizzato un tutore semplice della spalla che verrà subito rimosso durante la giornata per effettuare una cauta kinesi del gomito, del polso e della mano. La guarigione sarà confermata dalle radiografie di controllo successive che mostreranno un valido callo osseo che di solito avviene nell’arco di 90 giorni. Le placche e le viti in titanio, se ben tollerate, possono non essere rimosse; ad ogni modo, la loro rimozione non è consentita prima dei 9 mesi.
Figura 2
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Lussazione
acromion-claveare
COS’È LA LUSSAZIONE ACROMION-CLAVEARE?
L’articolazione acromion-claveare è un’articolazione formata dal dall’estremità acromiale della clavicola e dal processo acromiale della scapola. È un’articolazione sinoviale delimitata da una capsula e separata da un disco fibrocartilagineo. È stabilizzata dai legamenti acromion-claveari superiore ed inferiore e dal legamento coraco-claveare formato dal legamento trapezoide e dal conoide. Le patologie cui può andare incontro sono sostanzialmente due: la lussazione acromion-claveare e l’artrosi acromion-claveare.
Per lussazione acromion-claveare intendiamo l’allontanamento dell’acromion dalla clavicola in conseguenza di una caduta con trauma diretto sulla spalla. Un trauma di piccola entità può determinare un semplice stiramento dei legamenti di supporto dell’articolazione (Grado I), traumi più gravi possono provocare la lesione parziale (Grado II) o totale (Grado III) in cui si nota un netto distacco tra acromion e clavicola, mentre al grado IV e al V questa perdita di contatto è ancora più ampia con anche uno spostamento della clavicola anteriormente o posteriormente.
Sintomatologia
La sintomatologia è caratterizzata da dolore locale e contrattura antalgica della muscolatura interessata. Inoltre i traumi più violenti possono determinare la protrusione della clavicola subito al di sotto della pelle, con deformità evidente del profilo acromio-claveare, dolore ed impotenza funzionale.
Trattamenti
Nei casi meno gravi (Grado I-II-III), il migliore trattamento è senza dubbio quello conservativo che consiste nell’applicazione di ghiaccio localmente per inibire il gonfiore ed il dolore, sulla somministrazione di antiinfiammatori e sul posizionamento di un tutore che immobilizzi l’articolazione per circa 20 giorni permettendo così ai legamenti lacerati di cicatrizzare ed a seguire cicli di fisioterapia.
Nelle lussazioni di grado più elevato (dal grado IV) oppure in caso di mancato beneficio dopo alcuni mesi di trattamento conservativo è indicato l’intervento chirurgico che può essere eseguito artroscopicamente (sec. Mumford) e consiste nella pulizia dell’articolazione acromion-claveare e resezione della porzione terminale (acromiale) della clavicola, oppure nei casi di lussazione più gravi con una procedura più invasiva (Mini-open) che prevede la ricostruzione dei legamenti coraco-claveari. I trattamenti chirurgici variano a seconda delle scelte del chirurgo e possono prevedere anche la stabilizzazione in acuto con fili di K in direzione acromion-claveare all’utilizzo di dispositivi finalizzati a ripristinare la normale altezza claveare, sostituendo la funzione dei legamenti coraco-claveari. In caso di patologia artrosica, Il trattamento chirurgico nei casi più gravi (Procedura di Mumford o mini-Mumford) prevede una resezione della porzione laterale della clavicola o semplicemente della porzione bursale della clavicola in linea con l’acromionplastica. Dopo l’intervento chirurgico, il paziente deve indossare un tutore per 2 settimane ed a seguire terapia fisica a scopo antalgico e mobilizzazione progressiva fino al rinforzo muscolare.
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Sindrome da attrito subacromiale
COS’È LA SINDROME DA ATTRITO SUB-ACROMIALE?
La sindrome da attrito subacromiale anche detta impingement subacromiale indica una alterazione del movimento della spalla che a lungo andare rischia di usurare e degenerare alcuni tendini, i tessuti molli e parte della cartilagine causando dolore e limitazione funzionale. Colpisce soprattutto il sesso femminile dopo i 50 anni di età. E’ dovuta ad un eccessivo attrito tra la cuffia dei rotatori e il margine antero-laterale dell’acromion nei movimenti di flessione e abduzione del braccio. Le cause dell’attrito sono rappresentate dalla riduzione dello spazio subacromiale (in cui scorrono i tendini) per via della forma dell’acromion incurvata o ad uncino, associata o meno ad un abnorme spessore del margine anteriore dell’osso. Un ruolo importante nell’impingement può inoltre averlo l’artrosi dell’articolazione acromion-claveare che tende a formare becchi osteofitosici i quali possono sfilacciare ed infiammare i tendini; anche i traumi alla spalla possono determinare impingement causando la calcificazione del legamento coraco-acromiale che costituisce l’arco coraco-acromiale sotto il quale scivola, durante i movimenti, la testa omerale. Le fasi iniziali dell’impingement sub-acromiale sono caratterizzate da un’infiammazione della borsa sottoacromiale, mentre in fase più avanzata si assiste ad un’infiammazione dei tendini della cuffia, soprattutto del sovraspinoso. Nel tempo si verifica la degenerazione dei tendini della cuffia dei rotatori che perdono così la loro funzione di stabilizzatori e favoriscono la risalita della testa omerale ed un peggioramento del quadro clinico.
Sintomatologia
Il sintomo principale è un dolore molto intenso alla spalla, evocato soprattutto nei movimenti di abduzione che peggiora nelle ore notturne. Possono coesistere riduzione di forza e del tono muscolare della spalla come reazione di difesa al dolore, limitazione ed impotenza funzionale associato ad una sensazione di calore a causa dell’attrito in fase di movimento e di una reazione immunitaria nel liquido sinoviale.
Trattamenti
Nelle fasi iniziali si utilizzano antinfiammatori, ghiaccio e fisioterapia antalgica (Tecarterapia, US, Laser Yag ad alta potenza) e manuale (manipolazioni, massoterapia, esercizi riabilitativi per correggere l’alterata biomeccanica della spalla). Se questi non sono efficaci, possono essere utili cicli di infiltrazioni di un cortisonico a lento assorbimento nello spazio sottoacromiale e/o di acido ialuronico.
Quando la sintomatologia persiste o è recidivante dopo il trattamento conservativo, vi è indicazione ad effettuare l’intervento chirurgico di acromioplastica in artroscopia, consistente nell’ampliare lo spazio sub-acromiale attraverso la rimozione della porzione inferiore del bordo antero-laterale dell’acromion.
Intervento di acromioplastica.
È una procedura spesso associata all'intervento chirurgico di ricostruzione della cuffia dei rotatori sia per ridurre l’attrito per i tendini riparati, sia perché il sanguinamento che ne deriva potrebbe favorire la guarigione portando vicino al tendine fattori di crescita per la guarigione.
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