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Polso e mano
PATOLOGIE E TRATTAMENTI
Scopri tutte le patologie di polso e mano trattate dal Dott. Mario Menna. Per ogni patologia troverai una sezione dedicata con spiegazione della sintomatologia e le possibili modalità di trattamento utilizzabili.
Patologie
Sindrome del
tunnel carpale
COS’È LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE?
La sindrome del tunnel carpale (STC) è la più nota e frequente neuropatia da intrappolamento ed è dovuta alla compressione del nervo mediano all'altezza del polso, nel suo passaggio attraverso il tunnel carpale, struttura caratterizzata da 3 pareti ossee, dure, e da un tetto fibroso, molle. Il nervo mediano è un nervo misto che provvede di fibre sensitive il pollice, l'indice, il medio e la metà dell'anulare e di fibre motrici i tendini dei muscoli flessori che dall’avambraccio raggiungono le dita. Inoltre garantisce l’ innervazione simpatica ed in definitiva è un nervo fondamentale per i movimenti della mano. La STC si verifica quando vi è un aumento della pressione sul nervo mediano all’interno del canale del carpo, causandone sofferenza. Molti fattori possono concorrere all’insorgenza della sindrome, quali fattori ereditari, ormonali, attività lavorative manuali, infiammazione dei tendini flessori (tenosinovite), fratture di polso mal consolidate ed altre patologie quali il diabete, l’obesità, disfunzioni della tiroide, l’artrite reumatoide. Raramente è dovuta a formazioni neoplastiche che occupano spazio nel canale e comprimono il nervo.
Sintomatologia
La STC è una condizione che colpisce più frequentemente il sesso femminile dopo la menopausa. I sintomi più comuni includono formicolio doloroso e sensazione di scosse elettriche in corrispondenza delle prime tre dita (pollice, indice e medio), e negli stati più avanzati riduzione della destrezza manuale (deficit di forza prensile). Il dolore è solitamente irradiato all’avambraccio e alla spalla ed ha un’insorgenza graduale, può presentarsi in qualsiasi momento della giornata, maggiormente di notte, obbligando il paziente a svegliarsi. La sintomatologia tende a peggiorare nel tempo fino ad arrivare alla perdita completa della sensibilità e della forza. La diagnosi è innanzitutto clinica, ma a completamento diagnostico può essere eseguito un esame elettromiografico per valutare la conduzione del nervo.
Trattamenti
Il trattamento conservativo, nelle fasi iniziali consiste nell’assunzione di farmaci antinfiammatori associati a neurotrofici e terapia fisica (tecarterapia, ultrasuoni, laserterapia, ionoforesi etc..). Può essere utile indossare un tutore di polso (solitamente di notte), allo scopo di immobilizzare il polso in una posizione antalgica, riducendo di conseguenza l’infiammazione e la pressione sul nervo mediano e sui tendini flessori.
Nei pazienti che non traggono beneficio dal trattamento conservativo, è necessario l’intervento chirurgico di neurolisi. Scopo dell’intervento chirurgico, che viene effettuato in anestesia locale, è la sezione del legamento trasverso del carpo al fine di diminuire la compressione sul nervo. La procedura chirurgica dura in media 10 minuti, non richiede ricovero ed il paziente può essere dimesso dopo un’ora circa dall’intervento chirurgico. La prima medicazione viene effettuata dopo 7 giorni e la rimozione dei punti dopo 15 giorni. Nel periodo post-operatorio sarà necessario osservare un periodo di riposo (un mese circa) durante il quale si potranno compiere liberamente i comuni gesti della vita quotidiana, evitando sforzi, lavori manuali e traumi sulla sede dell’intervento chirurgico. La maggior parte dei pazienti riferisce un miglioramento a partire dai primi giorni dopo l’intervento chirurgico, il recupero della forza e della sensibilità richiedono un tempo maggiore e nei pazienti in cui la sindrome del tunnel carpale è molto avanzata, con grave deficit di sensibilità e forza, il recupero è più lento e potrebbe non essere completo. In casi eccezionali può recidivare e richiedere a distanza di anni un nuovo intervento chirurgico.
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Dito a scatto
COS’È IL DITO A SCATTO?
La “Tenosinovite stenosante” comunemente nota come “Dito a scatto” è una condizione patologica che interessa le pulegge e i tendini flessori delle dita della mano a loro volta indispensabili per la flessione delle dita. I tendini passano nel loro decorso attraverso le pulegge, queste strutture hanno l’importante funzione di trattenere i tendini vicino all’osso durante il loro scorrimento. La tenosinovite stenosante è un processo di natura infiammatoria caratterizzato da una zona di rigonfiamento nella guaina tendinea e notevole dolorabilità alla base del dito affetto, ovvero in corrispondenza della puleggia che, nei casi più avanzati, comporta l’impossibilità del tendine a scorrere attraverso questa struttura, portando quindi allo scatto tra l’altro molto doloroso. Ogni volta che deve attraversare la puleggia vicino al rigonfiamento, il tendine viene schiacciato con conseguente dolore ed una sensazione di scatto nel dito corrispondente e ad ogni scatto si produce ulteriore infiammazione e gonfiore. E’ molto comune nei lavoratori manuali e può essere dovuto a microtraumi ai tendini flessori o ad un sovraccarico funzionale, ma giocano anche un ruolo importante patologie come l’artrite reumatoide, il diabete e la gotta.
Sintomatologia
I principali sintomi del dito a scatto sono rappresentati da gonfiore e dolore che si può estendere fino al polso a cui si associa il movimento a scatto del dito e di conseguenza l’ impedimento meccanico nell’utilizzo della mano. Nelle fasi iniziali, può manifestarsi un indolenzimento alla base del dito che al tatto può rilevare la presenza di un piccolo nodulo sottocutaneo.
Trattamenti
Il trattamento iniziale del dito a scatto è di tipo conservativo e l’obiettivo è quello di eliminare lo scatto o il blocco del dito, ripristinare il normale movimento e cercare di eliminare l’infiammazione che causa questa condizione. Pertanto è consigliabile il riposo funzionale, l’utilizzo di tutori in posizione di riposo e farmaci antinfiammatori. In caso di mancato beneficio, si possono anche effettuare infiltrazioni locali con corticosteroidi.
Nei casi in cui il trattamento conservativo non sia efficace, è necessario intervenire chirurgicamente. L’intervento chirurgico consiste nell’apertura della puleggia (tenolisi), che permette di liberare i tendini dalle aderenze della guaina, in modo che si ripristini la funzionalità dei tendini che possono così tornare a scorrere liberamente. L’intervento può essere effettuato in ambulatorio chirurgico con la sola anestesia locale in regime di day hospital. Dopo l’intervento chirurgico, generalmente il movimento attivo del dito inizia subito e i tempi di recupero possono essere ottimizzati se si esegue anche un’adeguata fisioterapia.
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Morbo di De Quervain
COS’È IL MORBO DI DE QUERVAIN?
Il morbo di De Quervain come il dito a scatto è una tenosinovite stenosante, e i tendini interessati sono l’abduttore lungo e l’estensore breve del pollice. La malattia si presenta solitamente in persone che eseguono movimenti ripetitivi con il polso (musicisti, ricamatrici, uso frequente della tastiera o del mouse del computer, nelle mamme specie nel periodo dell’allattamento, a causa della posizione forzata della mano nel tenere in braccio il bambino), e può essere associata ad alterazioni ormonali quali diabete, ipotiroidismo ecc... L’infiammazione fa aumentare lo spessore e restringe la guaina nella quale scorrono i tendini, i quali avendo meno spazio di scorrimento a disposizione, fanno attrito con la guaina stessa generando dolore.
Sintomatologia
La tenosinovite di De Quervain è caratterizzata da intensa sintomatologia dolorosa localizzata al margine del polso e lungo il decorso del pollice durante i movimenti ed irradiato all’avambraccio. Peggiora nei movimenti di presa (aprire un barattolo, strizzare un panno, girare una chiave) e può essere associato a formicolio sul dorso del pollice provocato dall’irritazione di un piccolo ramo nervoso che decorre sopra la guaina ispessita.
Trattamenti
Il trattamento iniziale per la malattia di De Quervain è conservativo e si prefigge lo scopo di eliminare il dolore, ridurre l’infiammazione e restituire il normale scorrimento ai tendini. Si basa sul riposo funzionale, evitando i movimenti che provocano dolore, sulla crioterapia, sulla terapia fisica (Laserterapia, Tecarterapia, ultrasuoni etc..) sull’utilizzo di tutori che immobilizzino il pollice e sui farmaci antinfiammatori. Le infiltrazioni locali con corticosteroidi, risultano particolarmente efficaci sui sintomi ma come effetto collaterale possono provocare un danno fibrotico.
Se il dolore rimane intenso anche dopo il trattamento conservativo è necessario intervenire chirurgicamente. L’intervento chirurgico viene effettuato in anestesia locale ed in Day Hospital, ha una durata di circa 15 minuti e consiste nell’apertura della guaina tendinea. Si elimina così l’attrito tra guaina e tendini in modo che questi possano tornare a scorrere liberamente. Nel periodo post-operatorio il pollice e la mano vengono immobilizzati con un tutore per 7 giorni. Dopo 15 giorni vengono rimossi i punti di sutura ed il paziente può iniziare adeguata fisioterapia riabilitativa per il recupero dell’articolarità del 1° dito e della mano.
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Rizoartrosi
COS’È LA RIZOARTROSI?
La rizoartrosi è una patologia artrosica che interessa l’articolazione trapezio-metacarpale. È caratterizzata, dalla progressiva degenerazione ed il graduale assottigliamento della cartilagine articolare che va incontro ad erosione; si viene così a creare attrito tra le ossa e di conseguenza infiammazione, dolore (nelle fasi iniziali saltuario) alla radice del pollice, gonfiore e formazione di osteofiti (becchi ossei evidenti all’esame radiografico, con cui il corpo cerca di difendersi in seguito alla perdita di cartilagine). È una patologia molto comune nelle donne, dopo la menopausa, ma anche negli uomini lavoratori manuali ed in chi pratica sport nei quali è fondamentale l’uso delle mani (basket, pallavolo etc..). Nei casi più avanzati, cronicizza, il dolore diviene costante e può comparire una deformità poichè la perdita della cartilagine causa una sublussazione o lussazione dell’articolazione. La diagnosi è innanzitutto clinica, ma per valutare il quadro artrosico è utile l'esecuzione di una radiografie della mano.
Sintomatologia
Il sintomo principale della rizoartrosi è il dolore, a volte intenso, localizzato alla base del pollice, che aumenta quando si svolgono attività che comportino i movimenti di presa e di pinza e quindi lo svolgimento dei più comuni gesti della vita quotidiana, quali aprire un barattolo o girare una chiave. Con il progredire del quadro clinico, la forza di pinza diminuisce e può comparire gonfiore a livello dell’articolazione. Negli stadi più avanzati, in caso di sublussazione si ha deformità dell’articolazione e notevole limitazione funzionale del pollice.
Trattamenti
Nei casi iniziali, il trattamento per la rizoartrosi è di tipo conservativo. Si basa sul riposo funzionale, sull’utilizzo di tutori statici che immobilizzino il pollice e farmaci antinfiammatori. È possibile inoltre effettuare delle infiltrazioni locali sia con corticosteroidi, per provare ad attenuare la sintomatologia dolorosa tipica dell'artrosi, sia con acido ialuronico a basso peso molecolare e per piccole articolazioni, sia attraverso la fisioterapia, la terapia fisica (Roetgen-terapia,magnetoterapia, U.S. terapia, tecarterapia) e l’applicazione locale di ghiaccio.
Quando la terapia conservativa non determina beneficio, è necessario intervenire chirurgicamente previa esecuzione di esame TAC per valutare il grado di artrosi delle ossa e pianificare il più adeguato intervento chirurgico. Gli interventi chirurgici hanno lo scopo di eliminare il dolore mantenendo una buona motilità del pollice. Per la rizoartrosi esistono molte soluzioni chirurgiche; nei casi iniziali è preferibile eseguire l’intervento chirurgico di artroplastica dell’ articolazione trapezio-metacarpale; si asporta una piccola porzione della rima articolare e quindi si frappone uno spaziatore biologico (porzione di tendine oppure una protesi). Nei casi avanzati si esegue la trapeziectomia, ovvero l’asportazione completa del trapezio, sostituito a sua volta con uno spaziatore biologico (porzione di tendine oppure una protesi). Quando la patologia interessa un lavoratore manuale, può essere eseguita un ’artrodesi dell’articolazione trapezio-metacarpale ovvero la fusione dei due capi dell’articolazione. In questo caso, l’articolazione viene in parte limitata nei suoi movimenti ed è una tecnica utilizzata raramente. L’intervento per la rizoartrosi necessita al massimo di una notte di ricovero (Day Surgery). Dopo l’intervento è necessario indossare un tutore per 3-4 settimane ed eseguire un'adeguata fisioterapia per recuperare al meglio la funzionalità della mano. Solitamente il paziente riprende la normale vita lavorativa dopo 40 giorni mentre nei casi di lavori pesanti non prima di 60 giorni.
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Morbo di Dupuytren
COS’È IL MORBO DI DUPUYTREN?
Il morbo di Dupuytren è una patologia cronica, progressiva, dovuta ad ispessimento e retrazione dell’aponeurosi palmare, una struttura fibrosa che giace sotto la pelle del palmo della mano e che determina una flessione permanente, progressiva ed irriducibile di una o più dita e conseguente rigidità articolare. Si presenta inizialmente con dei piccoli noduli sottocutanei, non dolorosi che compaiono sul palmo della mano e che tendono a confluire formando delle vere e proprie corde che convergono verso il centro del polso. Tali corde sono anelastiche, nel tempo si ispessiscono e accorciandosi progressivamente, causano la flessione delle dita. La malattia è classificata in 4 stadi in base all'angolo formato dalla 2° falange del dito interessato. Le cause della malattia di Dupuytren sono sconosciute, molto spesso è bilaterale ed interessa il lato ulnare della mano (4°e 5° dito), colpisce quasi esclusivamente la razza bianca e nell'80% dei casi riguarda il sesso maschile, può esserci una predisposizione familiare su base genetica, può essere favorita o aggravata da lavori manuali pesanti, microtraumi ripetuti, da patologie quali diabete, alcolismo e farmaci (ad es. Gardenale). La malattia inevitabilmente progredisce e si aggrava per cui quanto più si interviene precocemente, tanto più i risultati saranno migliori.
Sintomatologia
Nelle fasi iniziali della malattia, i noduli sottocutanei che compaiono sul palmo della mano non sono dolenti; però con il progredire della malattia possono accompagnarsi a prurito e dolore alle mani nonché alla difficoltà di impugnare oggetti. Le dita maggiormente interessate sono il mignolo e l’anulare ma progressivamente anche le altre dita possono essere coinvolte rendendo difficoltose le più comuni azioni della vita quotidiana.
Trattamenti
Se non sono presenti noduli sottocutanei e non vi è flessione delle dita non si effettua nessun trattamento. Una volta che si è instaurata la flessione delle dita, vi sono alcune tecniche non chirurgiche, come la lisi delle corde per via percutanea oppure le iniezioni di collagenasi direttamente sui noduli che determinano la distruzione delle fibre collagene che sono alla base dei noduli.
In caso di grave flessione delle dita e di fallimento delle tecniche non chirurgiche, si interviene chirurgicamente per risolvere il problema del morbo di Dupuytren. L’intervento chirurgico consiste nell’asportazione chirurgica “Aponeurectomia palmare selettiva” del tessuto patologico della fascia palmare invasa dalle corde fibrose che causano la malattia con conseguente distensione delle dita. È possibile che dopo l’intervento, la malattia ricompaia. Dopo l’intervento è necessaria al massimo una notte di ricovero (Day Hospital). Successivamente si dovrà indossare un tutore o un bendaggio fino alla completa guarigione della cute. Il post-operatorio, prevede medicazioni ed un percorso riabilitativo per il recupero ottimale della funzionalità della mano.
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Cisti gangliari
COSA SONO LE CISTI GANGLIARI?
Le cisti gangliari, sono dei rigonfiamenti contenenti un liquido gelatinoso (liquido sinoviale) che possono svilupparsi in prossimità di un’articolazione o di un tendine. Vengono generalmente riscontrate sul dorso del polso anche se a volte compaiono sul versante palmare. Sono solitamente rotondeggianti, mobili e dolenti alla palpazione, originano con un sottile peduncolo dalle articolazioni profonde del polso. Il loro volume può variare nel tempo. Le cause che inducono la formazione di queste cisti sono poco chiare, secondo le ipotesi più attendibili, tali rigonfiamenti sarebbero legati a traumi o ad infiammazione delle strutture articolari o del tendine. La diagnosi di cisti gangliare è solitamente una diagnosi clinica e si basa sulla sede e sulle caratteristiche morfologiche e di consistenza della neoformazione. Ci si può avvalere, in caso di cisti gangliari di piccole dimensioni o di cisti occulte (non ancora evidenti clinicamente ma sintomatiche) come utile strumento per la diagnosi, dell’ecografia, che mostrerà una formazione con una capsula che contiene al suo interno del liquido. Le cisti gangliari non sono mai di natura cancerosa, possono regredire spontaneamente se si elimina lo stimolo infiammatorio, ma non è escluso che possano riformarsi.
Sintomatologia
In assenza di dolore, il trattamento consiste nel semplice controllo della neoformazione; Se invece la cisti è dolorosa, e limita l’attività lavorativa o sportiva la prima linea di trattamento è quella conservativa.
Trattamenti
Il trattamento di una cisti gangliare è strettamente correlata alla sintomatologia; infatti la presenza di cisti gangliari asintomatiche, non richiede alcun tipo di terapia, è sufficiente monitorare la situazione nel tempo in quanto tendono a scomparire. La presenza di cisti gangliari sintomatiche, invece, richiede un trattamento specifico: è possibile agire indossando una polsiera armata che impedendo temporaneamente il movimento articolare del polso, dovrebbe impedire l’espansione ulteriore della cisti e, soprattutto, favorirne il riassorbimento spontaneo, mentre per alleviare il dolore, farmaci antinfiammatori e riposo funzionale. È possibile anche effettuare l’aspirazione del liquido sinoviale contenuto all’interno della cisti e dare sollievo dal dolore, tuttavia non è escluso che la cisti gangliare possa riformarsi.
Se il trattamento conservativo non dà alcun beneficio oppure quando la cisti recidiva, si ricorre alla chirurgia. L’intervento si prefigge di rimuovere completamente la cisti con il suo peduncolo. Necessita al massimo di una notte di ricovero (Day Surgery). Dopo l’intervento è necessario indossare una polsiera armata per circa 2 settimane e dopo di che il paziente potrà iniziare gradualmente a mobilizzare il polso. Dopo l’ intervento chirurgico, alcuni pazienti possono lamentare per un certo periodo di tempo una lieve dolenzia ed una modica tumefazione a livello della cicatrice chirurgica.
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COSA SONO LE FRATTURE DEI METACARPI E DELLE FALANGI?
Una frattura della mano può interessare le ossa delle dita (falangi), oppure le ossa del palmo della mano (metacarpi). Le fratture che coinvolgono metacarpi e falangi sono tra le fratture più comuni dell’arto superiore. Si verificano solitamente in seguito a cadute, torsioni, contusioni (soprattutto negli sport da contatto), oppure lesioni da schiacciamento. I soggetti più a rischio sono i maschi e le dita maggiormente coinvolte quelle esterne (pollice e mignolo). La frattura più comune nella mano è quella che interessa il 5° osso metacarpale, detta anche “frattura del pugile”; coinvolge il collo del 5° osso metacarpale ed è causata il più delle volte da un pugno contro un oggetto duro a mano chiusa a pugno.
Sintomatologia
I sintomi di una frattura della mano sono l’immediato dolore dopo il trauma, la difficoltà a muovere le dita o la mano, la deformità e l'accorciamento del segmento scheletrico coinvolto, la tumefazione e l’ecchimosi.
Trattamenti
La maggior parte delle fratture dei metacarpi e delle falangi possono essere trattate in maniera conservativa con ottimi risultati mediante immobilizzazione in gesso, stecca o tutore. In caso di fratture lievemente scomposte, è necessario prima dell'immobilizzazione, riallineare i frammenti di frattura in posizione accettabile mediante manipolazioni. Nelle successive settimane vengono eseguiti controlli radiografici al fine di assicurarsi che la frattura sta guarendo in posizione corretta.
Le fratture gravemente scomposte o esposte (fratture in cui l’osso fuoriesce dalla cute), vengono trattate chirurgicamente. Per riallineare e stabilizzare i monconi di frattura vengono utilizzati fili, placche e viti. Dopo l’intervento chirurgico, al fine di proteggere la frattura, può essere posizionato un tutore o una stecca. Dopo la guarigione della frattura è sempre prevista una adeguata fisioterapia al fine di ripristinare la funzionalità della mano.
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Fratture del polso
COSA SONO LE FRATTURE DEL POLSO?
Le fratture del polso di solito si verificano a seguito di una caduta sulla mano a braccio esteso. Le ossa più frequentemente interessate sono il radio e l’ulna ma anche le ossa del carpo possono essere coinvolte. Negli anziani la frattura è causata da traumi a bassa energia e colpisce più frequentemente il sesso femminile; è favorita dall’osteoporosi, una condizione patologica caratterizzata da un indebolimento della struttura ossea; nei giovani invece è dovuta a traumi ad alta energia e colpisce più frequentemente il sesso maschile.
Sintomatologia
Il dolore è immediato con impossibilità di movimento e gonfiore associato a deformità del normale profilo anatomico. Alcune fratture estremamente composte possono essere sottovalutate ma la persistenza del dolore è sintomo di probabile frattura e necessita di valutazione medica.
Trattamenti
Figura 1
Nell’immediato si applica il protocollo per i traumi articolari R.I.C.E. (acronimo inglese e significa: Rest (Riposo), Ice (Ghiaccio), Compression (Compressione), Elevation (Elevazione). Il trattamento conservativo, che consiste nel posizionamento di un apparecchio gessato (Figura 1) che verrà poi rimosso a guarigione avvenuta (4-6 settimane) viene riservato per lo più alle fratture extraarticolari semplici, composte o scomposte previa riduzione della frattura,
soprattutto in pazienti che non richiedono un rapido ritorno ad attività lavorative. Segue una lunga riabilitazione per riacquistare l’articolarità del polso.
Per le fratture instabili, intraarticolari o gravemente scomposte, anche per consentire un più rapido ritorno all'attività sportiva o lavorativa vi è indicazione all'intervento chirurgico che consiste nel riposizionare i frammenti ossei di frattura nella posizione anatomica (riduzione della frattura) e poi mantenerli saldamente in questa posizione (osteosintesi) attraverso fili di Kirschner, fissatori esterni (Figura 2), placche e viti (Figura 3), anche in combinazione tra loro. La scelta della tipologia di mezzo di sintesi da utilizzare, viene fatta dal chirurgo in base al tipo di frattura, alle condizioni generali del paziente e alle condizioni della cute e dei tessuti molli.
Figura 2
Dopo l’intervento sono necessari un periodo di immobilizzazione e fisioterapia; ciò nonostante, la maggior parte dei pazienti dopo una frattura di polso non ha una completa guarigione in quanto spesso permangono rigidità, dolore e deficit di forza prensile.
Figura 3
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Fratture dello scafoide
COSA SONO LE FRATTURE DELLO SCAFOIDE?
Sono le fratture più frequenti tra quelle a carico delle ossa che costituiscono il “carpo”, la parte centrale del polso che si articola prossimalmente con il radio e l’ulna e distalmente con i metacarpi. La causa più frequente di frattura dello scafoide è una caduta con la mano in iperestensione. La frattura di scafoide carpale colpisce per lo più i giovani adulti, in particolare se dediti ad attività sportive ed è prevalente nel sesso maschile. Per la sua particolare vascolarizzazione, lo scafoide carpale può andare incontro ad un ritardo di consolidazione o ad una vera e propria mancata consolidazione, nota con il nome di pseudoartrosi. L’esame Rx standard per scafoide con proiezione obliqua e l’ultima generazione della Tac “ cone beam “ ad alta risoluzione e bassa esposizione radiologica, consentono di studiare con più accuratezza la frattura sul piano sagittale e di monitorare anche l’evoluzione del processo di consolidazione..
Sintomatologia
I sintomi possono includere dolore a livello del polso (in particolare in corrispondenza della cosiddetta tabacchiera anatomica, depressione cutanea che si trova alla base dorsale del pollice) ed in regione volare del polso, accompagnati a volte da un rigonfiamento in stessa sede e limitazione funzionale. I sintomi si possono presentare in maniera importante o molto tenue portando in alcuni casi anche a un non riconoscimento della frattura che può avere conseguenze molto serie come la “pseudoartrosi”.
Trattamenti
In caso di una frattura composta, senza spostamento dei frammenti ossei, mediamente è necessaria una immobilizzazione in gesso che va dalle 4 alle 6 settimane circa per ottenere la guarigione.
In caso di fratture scomposte o se il paziente ha alte richieste funzionali vi è indicazione all’intervento chirurgico che consiste nel riposizionare e comprimere i frammenti ossei nella posizione corretta (riduzione) per poi fissarli in tale posizione (sintesi). Il mezzo di sintesi comunemente utilizzato nella frattura di scafoide è la vite. In caso di frattura composta, la sintesi percutanea è sicuramente il trattamento più in voga e consiste nella possibilità di stabilizzare la frattura con una vite inserita nell’osso attraverso la cute sotto controllo radiografico (figura 1). Il trattamento chirurgico sarà invece sempre a “cielo aperto” nelle fratture di scafoide più complesse. Dopo l’intervento chirurgico è necessario un periodo di immobilizzazione in tutore fino alla consolidazione della frattura, cui seguirà un’adeguata fisioterapia al fine di recuperare la funzionalità del polso e della mano.
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