Piede

PATOLOGIE E TRATTAMENTI

Scopri tutte le patologie di polso e mano trattate dal Dott. Mario Menna. Per ogni patologia troverai una sezione dedicata con spiegazione della sintomatologia e le possibili modalità di trattamento utilizzabili.

Patologie

Alluce valgo

COS’È L’ALLUCE VALGO?

L’alluce valgo è una deformità che colpisce soprattutto le donne ed interessa il primo dito del piede. Tale deformità comporta una sporgenza ossea (esostosi) a livello della testa del primo osso metatarsale che provoca dolore ed infiammazione (borsite). E’ una patologia spesso idiopatica (non se ne conosce la causa), tuttavia cause predisponenti sono la familiarità, il piede piatto, l’utilizzo di calzature strette con tacco alto, alcune patologie reumatiche, del tessuto connettivo e neuromuscolari.

Sintomatologia


Nelle fasi iniziali la sintomatologia è trascurabile; man mano che l’alluce devia verso il secondo dito e si determina l’esostosi (la cosiddetta “cipolla”) che irrita la borsa soprastante (borsite), i sintomi diventano evidenti. L’alterazione oltre ad essere estetica è anche anatomica e funzionale in quanto il carico sulla pianta del piede si distribuisce in maniera patologica; infatti dal primo raggio si trasferisce agli altri raggi determinando una metatarsalgia da trasferimento con formazione di callosità alla pianta del piede.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Se la deformità è lieve ed il dolore è sopportabile, si può propendere per un trattamento di tipo conservativo che prevede l’utilizzo di calzature a pianta larga (per evitare lo sfregamento dell’esostosi con la parete della scarpa e quindi dolore), tacco basso (3-4 cm) e tomaia non troppo rigida, plantari per correggere il sovraccarico metatarsale ed i difetti biomeccanici del piede. Gli spaziatori o tutori notturni alleviano la sintomatologia dolorosa ma non sembrano prevenire la progressione della deformità. Anche la fisioterapia è indicata, ma solo come palliativo per migliorare la componente antalgica.

Trattamento chirurgico

Quando l’alluce valgo diventa doloroso, l’unica soluzione è l’intervento chirurgico che può essere eseguito mediante una tecnica mini-invasiva oppure con tecnica percutanea; la scelta della tecnica è adeguata al tipo di deformità che viene valutata con la visita medica e gli esami radiografici.

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La procedura chirurgica prevede l’asportazione dell’esostosi e la correzione della deformità mediante una osteotomia (taglio osseo). Un tempo chirurgico prevede la sezione (tenotomia) del tendine adduttore dell’alluce. Dopo l’intervento chirurgico il paziente può deambulare con una apposita scarpa per un mese.

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Alluce rigido

COS’È L’ALLUCE RIGIDO?

L’alluce rigido è una patologia degenerativa artrosica a carico dell’articolazione metatarso-falangea. Colpisce soprattutto gli uomini tra i 30 ed i 60 anni. È caratterizzata da una progressiva riduzione dell’articolarità dovuta alla formazione di osteofiti sul dorso dell’articolazione metatarso-falangea avvertibili al tatto come sporgenza anomala (“dorsal bunion”). Può essere idiopatica o secondaria a microtraumi ripetuti, fratture, malattie sistemiche (gotta, reumatismi), infiammatorie (artrite reumatoide), precedenti interventi chirurgici (ad esempio per alluce valgo).

Sintomatologia


La patologia è caratterizzata da dolore alla deambulazione, infiammazione e gonfiore dell’articolazione metatarso-falangea associati a rigidità articolare.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Nelle fasi iniziali il trattamento può essere conservativo ed ha lo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa mediante l’uso di antinfiammatori, infiltrazioni intrarticolari di cortisone, crioterapia, fisioterapia, terapia fisica (tecarterapia, laserterapia), calzature adeguate a suola rigida sufficientemente larghe e comode per non creare conflitto e costrizione alla regione dell’alluce.

Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico varia a seconda del livello di rigidità. Per le forme meno gravi può essere eseguita una tecnica percutanea mini-invasiva che consente l’asportazione degli osteofiti (cheilectomia) e la decompressione della capsula articolare,  associata o meno ad una osteotomia della testa metatarsale e/o della falange prossimale per ripristinare lo spazio articolare ed aumentare l’estensione dell’articolazione metatarso-falangea. Nelle forme più gravi si esegue l’artrodesi metatarso-falangea (fusione ossea del metatarso con la prima falange) oppure l’artroplastica (protesizzazione di entrambe le componenti articolari usurate).

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Metatarsalgia

COS’È LA METATARSALGIA?

La metatarsalgia è un’infiammazione localizzata a livello dell’avampiede, che coinvolge le teste metatarsali. Può essere localizzata ad un solo metatarso o coinvolgere più teste metatarsali (metatarsalgia centrale). Si riconoscono una metatarsalgia di origine biomeccanica ed una metatarsalgia di origine neurogena (Neuroma di Morton). La metatarsalgia di origine biomeccanica è dovuta ad un alterato carico dell’avampiede al suolo nella maggior parte dei casi per deformità del 1° dito (alluce valgo insufficiente, alluce rigido), ma può anche essere dovuta ad una eccessiva lunghezza dei metatarsi. Le cause secondarie includono malattie infiammatorie (artrite reumatoide), metaboliche (diabete, gotta), congenite.

Sintomatologia


Il sintomo principale è il dolore nell’appoggio del piede, il che determina notevole difficoltà nella deambulazione. Col perdurare della sintomatologia dolorosa, si assiste alla formazione di ipercheratosi plantari (calli) a protezione dei metatarsi sovraccaricati ed in alcuni casi si avverte anche una sensazione di formicolio.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Nelle fasi iniziali trova indicazione il trattamento conservativo che prevede l’utilizzo del plantare finalizzato allo scarico metatarsale e l’assunzione di farmaci antinfiammatori.

Trattamento chirurgico

Se il dolore persiste è necessario l’intervento chirurgico, eseguibile con tecnica percutanea, che consente di effettuare l’osteotomia di arretramento della testa metatarsale dolente con mini incisioni (2-3 mm). Il decorso post-operatorio è più rapido rispetto alla tecnica con incisione cutanea ed il carico è consentito da subito con una apposita scarpa che deve essere indossata per circa un mese.

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Neuroma di Morton

COS’È IL NEUROMA DI MORTON?

Il neuroma di Morton è una metatarsalgia di origine neurogena che colpisce maggiormente le donne. È dovuta alla compressione dei nervi sensitivi interdigitali tra le teste metatarsali (il più colpito è quello posto tra 3°e 4° metatarso). La continua frizione sul nervo esercitata dalle teste metatarsali determina uno stimolo irritativo cronico con aumento di volume del nervo stesso e fibrosi perineurale.

Sintomatologia


Il dolore è urente, simile ad una “scossa elettrica” ed è accentuato nella deambulazione ma può comparire anche a riposo. Spesso è associato a formicolio delle dita corrispondenti.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Solitamente il trattamento conservativo non apporta grandi benefici. Sicuramente l’utilizzo di scarpe non troppo strette e senza tacco è la prima misura terapeutica da attuare. I plantari sono sconsigliati perché potrebbero comportare un aumento della compressione ed un peggioramento della sintomatologia. Antinfiammatori e crioterapia sono utili nell’attenuare la sintomatologia dolorosa in attesa dell’intervento chirurgico. La procedura alternativa all’intervento chirurgico è la sclero-alcolizzazione eseguita sotto guida ecografica che prevede l’infiltrazione di un cocktail di alcol ed anestetico locale, ma ad oggi non vi sono studi che ne dimostrino l’affidabilità.

Trattamento chirurgico

Il trattamento elettivo è chirurgico ed è mini-invasivo. Consiste in una piccola incisione longitudinale dorsale a livello dello spazio intermetatarsale interessato e nella asportazione del neuroma (neurectomia) o nella sua decompressione (neurolisi).

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Fascite plantare

COS’È LA FASCITE PLANTARE?

La fascite plantare è la più comune causa di dolore al tallone ed è dovuta all’infiammazione di una robusta fascia fibrosa che decorre dalla zona mediale del calcagno alla radice delle dita del piede, la fascia plantare. Questo legamento (legamento arcuato) ha il compito di trasmettere al piede il peso corporeo mentre si cammina o si corre e di ammortizzare il carico ad ogni passo. In caso di alterazione biomeccanica del piede (piede piatto, cavo etc..) o di sovraccarico della fascia plantare si può andare incontro al danneggiamento tendineo, infiammazione e dolore provocato dai continui microtraumi a carico della fascia plantare che lentamente si sfibra. La fascite plantare può essere causata da diversi fattori anche in combinazione tra loro: piede piatto, piede cavo, brevità del tendine d’achille, obesità, allenamenti inadeguati, scarpe inadeguate. Spesso è associata alla spina calcaneale, uno sperone osseo che si forma in seguito a deficit di irrorazione e contrattura della fascia plantare, evidente alle radiografie eseguite durante l’iter diagnostico, che tuttavia solo in una minima percentuale di casi è causa di dolore.

Sintomatologia


Il sintomo principale è il dolore localizzato solitamente al tallone ma che può estendersi a tutta la pianta del piede. Il dolore è più acuto al mattino per poi attenuarsi col movimento nell’arco della giornata.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo per la fascite plantare è finalizzato alla riduzione della tensione della fascia plantare ed il primo rimedio è senza dubbio l’utilizzo di calzature con tacco o talloniera (3-4 cm). Inoltre si può eseguire fisioterapia (esercizi di stretching e rafforzamento muscolare) ed attenuare la sintomatologia dolorosa con farmaci antinfiammatori non steroidei, corticosteroidi e terapie fisiche (onde d’urto, laserterapia, ultrasuoni, tecarterapia). In caso di mancato beneficio, le infiltrazioni rimangono l’unica alternativa all’intervento chirurgico che sebbene molto dolorose e ad esito incerto, possono essere eseguite con fattori di crescita derivati da piastrine (PRP), cellule staminali prelevate da grasso autologo oppure corticosteroidi (non nel legamento arcuato).

Trattamento chirurgico

In caso di mancato beneficio dopo il trattamento conservativo, vi è indicazione all’intervento chirurgico che consiste nell’interruzione percutanea parziale della fascia plantare e nella sua cruentazione al fine di ridurre la tensione e favorirne la vascolarizzazione. La tecnica percutanea può essere eseguita in anestesia loco-regionale ed ha numerosi vantaggi, tra questi un rapido ritorno all’attività sportiva (15 giorni).

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Deformità

delle dita

COS’È LA DEFORMITÀ DELLE DITA?

Le deformità delle dita sono solitamente caratterizzate dall’estensione dorsale dell’articolazione metatarso-falangea prossimale delle dita del piede e dalla contemporanea flessione plantare della falange intermedia e della falange distale (in realtà nel dito a maglio solo la falange distale e flessa plantarmente). Interessano il 2°-3°-4°dito; le deformità del 5° dito meritano un capitolo a parte, possono essere congenite oppure originare dal conflitto con le calzature e sono rappresentate dalla clinodattilia, dal 5° dito varo, superaddotto, ad artiglio e la bunionette. Il dito a martello è tra le più comuni deformità delle dita del piede; è spesso associata ad altre deformità del piede quali l’alluce valgo o il piede cavo aggravando la sintomatologia e la biomeccanica. Può essere dovuta all’utilizzo di calzature piccole a punta stretta e tacco alto ma anche a malattie neurologiche, diabete, alluce valgo, piede cavo, fascite plantare. Entrambe le condizioni provocano uno squilibrio della muscolatura dell’avampiede con iperestensione della falange prossimale e flessione della falange intermedia.

Sintomatologia


La sintomatologia dolorosa è scatenata dal conflitto con le calzature che a lungo andare porta alla formazione di una callosità dolorosa che può ulcerarsi.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Nelle forme severe e soprattutto in quelle associate ad alluce valgo, il trattamento è chirurgico. Ad ogni modo il trattamento conservativo prevede l’utilizzo di calzature “comode” ed ampie in punta per evitare l’attrito e se il dito risulta ancora correggibile, l’utilizzo di tutori che mantengano il dito disteso.

Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico è risolutivo e consiste nella correzione della deformità ed il blocco in estensione mediante un filo di Kirschner (artrodesi) della falange intermedia del dito che verrà rimosso dopo circa un mese. L’intervento chirurgico è veloce (20’ circa), si esegue in anestesia loco regionale in regime di day-hospital ed il carico è concesso da subito.

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Piede piatto

COS’È IL PIEDE PIATTO?

Il piede piatto è una condizione morfologica e patologica del piede caratterizzata dalla riduzione o assenza dell’arco plantare mediale e dalla valgo-pronazione del calcagno. Nel bambino è una condizione del tutto fisiologica perché l’arco plantare deve ancora svilupparsi in quanto nei piede è presente una quantità di tessuto adiposo tale da rendere poco visibile la volta longitudinale interna. Il piede piatto nel bambino può essere dovuto ad ipotonia muscolare, lassità legamentosa, brevità del tendine d’achille oppure disfunzione del tendine tibiale posteriore. 

Sintomatologia


La disfunzione del tendine tibiale posteriore che è il principale stabilizzatore della volta plantare e svolge un ruolo fondamentale nel sostenere la volta plantare mediale, a lungo andare inizia a deteriorarsi causando un progressivo appiattimento del piede. Il sintomo principale è il dolore al piede ed alla caviglia associato a gonfiore, appiattimento dell’arco plantare, abduzione del meso-avampiede e progressiva deviazione in valgismo (verso l’esterno) del calcagno. Interessa soprattutto le donne dopo i 40 anni e l’obesità ed il diabete sono fattori di rischio. A seconda della disfunzione del tendine tibiale posteriore, si riconoscono quattro stadi; i primi due stadi sono caratterizzati dalla riducibilità del retropiede ed un quadro di tenosinovite del tendine tibiale posteriore. Negli ultimi due stadi, il dolore si manifesta anche lateralmente al retropiede e si ha un deterioramento progressivo del tendine tibiale posteriore fino alla rottura ed insorgenza di processi artrosici a carico del retro e mesopiede.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo è sempre consigliabile ma è riservato agli stadi iniziali della malattia e si avvale di plantari, tutori, fisioterapia per il rinforzo del muscolo tibiale posteriore ed antinfiammatori. Una volta affrontate le cause del sovraccarico, una via moderna e promettente è quella di stimolare biologicamente i tendini patologici mediante l’utilizzo di cellule mesenchimali e di fattori di crescita piastrinici (PRP).

Trattamento chirurgico

Negli stadi più avanzati, il trattamento è chirurgico e varia a seconda della gravità della patologia. Si va dalla semplice esplorazione, alla tenorrafia (sutura) del tendine, in caso di rottura del tendine tibiale posteriore. In caso di concomitante deformità in piattismo, purchè riducibile, è indicata una procedura nota come ortesi endosenotarsica (inserimento percutaneo nel seno del tarso di una vite ad espansione che corregge la deformità, Figura 1) oppure in alternativa il cosiddetto “calcaneo stop”  (la testa della vite inserita sul calcagno agisce da stop allo scivolamento mediale e plantare dell’astragalo sul calcagno, Figura 2). Nei casi più gravi si eseguono invece l’osteotomia del calcagno oppure, in caso di avanzato grado di artrosi, l’artrodesi (fusione delle articolazioni).

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Figura 1

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Figura 2

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Piede cavo

COS’È IL PIEDE CAVO?

Il piede cavo è un'elevazione anomala dell’arcata longitudinale. È una deformità complessa che interessa retro-meso e avampiede. Può essere dovuto ad una contrattura della fascia plantare oppure ad uno sbilancio dei muscoli peroneo lungo e tibiale posteriore (muscoli cavizzanti) in seguito a paralisi del muscolo tricipite surale ed estensore comune delle dita (muscoli ad azione pianizzante). Sono frequentemente associate al piede cavo varie patologie neurologiche, tutte accomunate dalla presenza di uno sbilanciamento muscolare quali il mielomeningocele, la paralisi cerebrale, la poliomelite, l’atassia di Friedrich, la malattia di Charcot-Marie-Tooth; per cui nel paziente con piede cavo va sempre eseguito un esame neurologico completo per ricercare la causa della deformità in varo.

Sintomatologia


I principali sintomi sono rappresentati dall’instabilità di caviglia dovuta alla debolezza muscolare, dal dolore e dalla presenza di callosità a livello della pianta del piede soprattutto in zona retrometatarsale ed in corrispondenza della base della quinta testa metatarsale.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Il trattamento varia a seconda dell’entità della patologia. Nelle forme lievi si avvale della fisioterapia (manipolazioni quotidiane per ridurre la verticalizzazione della paletta metatarsale) e dell’utilizzo di plantari al fine di migliorare morfologia e funzionalità del piede e scaricare i punti di sovraccarico evitando le distorsioni di caviglia.

Trattamento chirurgico

In caso di mancato beneficio del trattamento conservativo, il trattamento chirurgico può prevedere l’allungamento del tendine d’Achille, il release della fascia plantare e transfer tendinei in alcune patologie neurologiche. Se il piede cavo è determinato dall’avampiede è necessario eseguire una osteotomia del 1° metatarsale mentre se è determinato dal retropiede un’osteotomia valgizzante del calcagno al fine di ripristinare il corretto asse. Nei casi in cui la deformità non è più corregibile si ricorre all’artrodesi (fusione delle articolazioni).

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Algodistrofia

(o Morbo di Sudek)


COS’È L’ALGODISTROFIA (O MORBO DI SUDEK)?

L’algodistrofia (o Morbo di Sudek) è una patologia caratterizzata da intensa sintomatologia dolorosa che solitamente interessa l’estremità degli arti superiori o inferiori ma più spesso colpisce il piede. L’origine è sconosciuta ma spesso insorge dopo un trauma, un intervento chirurgico, una immobilizzazione gessata. Essendo il piede ricco di terminazioni sensitive, gli stimoli dolorosi e l’immobilità inviano segnali anomali al cervello che determinano un’alterazione della funzione neuro-vascolare periferica ed aumento del tono simpatico. L’aumento del tono simpatico provoca un rinforzo venoso periferico ed una cattiva ossigenazione dei tessuti.

Sintomatologia


Il piede solitamente è gonfio ed il dolore e continuo, di tipo urente e aggravato dal carico. Concomitano iperalgesia e rigidità articolare; la cute appare secca iperidrosica ed eritematosa. Radiograficamente è presente osteoporosi loco-regionale (è interessato solo il piede) su base neurovascolare.

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Trattamenti

Trattamento conservativo

Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di bifosfonati ed antinfiammatori per alleviare il dolore in associazione alla fisioterapia.

Trattamento chirurgico

Se il trattamento farmacologico fallisce, altre forme di trattamento sono il blocco del sistema nervoso simpatico mediante iniezione di anestetico in prossimità del midollo spinale allo scopo di bloccare l’attività di uno o più nervi del sistema nervoso simpatico oppure la neurostimolazione del midollo spinale attraverso alcuni elettrodi installati sulla colonna vertebrale, per ridurre l’attività simpatica. In caso di fallimento di queste forme di trattamento alternative, si può eseguire la simpatectomia al fine di rimuovere chirurgicamente una struttura del sistema nervoso simpatico.

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