Osteoporosi

COS’È L’OSTEOPOROSI?

L'osteoporosi è una malattia sistemica cronica caratterizzata da alterazioni della micro-architettura del tessuto scheletrico con conseguente riduzione della massa ossea e aumentato rischio di fratture spontanee o per traumi di lieve entità. Le sedi più frequenti di fratture da fragilità ossea sono il corpo vertebrale (soprattutto a livello della colonna dorso-lombare), il femore (a livello del collo o del trocantere) e l’estremo distale del radio (fratture di polso). Si stima che in Italia siano affetti da questa patologia 1 donna su 3 in post-menopausa (circa 5.000.000 di persone) e 1 maschio su 8 oltre i 60 anni (circa 1.000.000 di persone) e si registrano circa 100.000 ricoveri l’anno per fratture del collo del femore secondarie ad osteoporosi poiché purtroppo, meno del 50% dei pazienti ad alto rischio di fratture, è trattato con farmaci anti-osteoporotici.

 
 
 

Cause e fattori di rischio

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Nell’arco della vita, l’osso subisce un processo fisiologico di rimodellamento nel quale il tessuto scheletrico vecchio viene rimosso dagli osteoclasti ed osso nuovo viene riformato e rimpiazzato dagli osteoblasti. Col passare degli anni e l’avanzare dell’età, l’attività degli osteoclasti tende ad aumentare e quella degli osteoblasti a diminuire; infatti l’invecchiamento fisiologico si accompagna ad una certa perdita di massa ossea. L’osteoporosi si sviluppa proprio quando tale perdita diventa eccessiva per la persistente e dominante attività di riassorbimento osseo rispetto a quella di neoformazione. 

Vi sono due forme principali di osteoporosi: una “primaria”, che colpisce le donne in post-menopausa per una carenza di estrogeni o gli anziani per il depauperamento fisiologico della massa ossea , ed una “secondaria” ad altre condizioni, che invece può interessare soggetti di qualsiasi età affetti da malattie endocrine (ipertiroidismo, ipogonadismo, sindrome di Cushing, iperparatiroidismo primitivo e secondario, deficit dell’ormone della crescita, acromegalia, iperprolattinemia), malattie sistemiche autoimmuni, sindromi da malassorbimento, bronchiti croniche ostruttive e malattie neuro-muscolari con ridotta performance motoria, oppure in terapia con farmaci che direttamente o indirettamente influenzano negativamente la salute scheletrica (glucocorticoidi, terapie immunosoppressive e terapie ormonali). Vi sono infine le osteoporosi causate da malattie genetiche che determinano fragilità ossea dai primi anni di vita. Altri importanti fattori di rischio per l’osteoporosi sono il fumo, l’alcol, il caffè, l’eccessiva magrezza con conseguente ridotta stimolazione meccanica sul tessuto osseo, menopausa precoce, sedentarietà, menarca tardivo ed un alimentazione carente di calcio.

 

Sintomi

L'osteoporosi è una patologia che non da segni finché non compare una frattura da fragilità. Le fratture che interessano le ossa lunghe (ad es. il femore), causano un dolore improvviso e molto intenso. Le fratture che interessano i corpi vertebrali possono decorrere in maniera asintomatica, ma più spesso provocare improvvisamente dolore persistente e sostenuto nel tempo da una contrattura della muscolatura paravertebrale, cui si accompagnano solitamente ipercifosi dorsale e riduzione della statura. Tutti i segmenti scheletrici sono affetti dall’osteoporosi e possono essere interessati da eventi fratturativi. Tuttavia, le più comuni fratture da fragilità interessano la colonna vertebrale, il femore prossimale (collo) ed il polso.

 

Diagnosi

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La diagnosi di osteoporosi si basa sia su valutazioni strumentali che di laboratorio; Queste ultime sono indispensabili per tracciare il profilo metabolico del paziente e per identificare eventuali forme secondarie. L’esame strumentale più affidabile per identificare i pazienti affetti da osteoporosi è la densitometria ossea o mineralometria ossea computerizzata (DEXA o MOC), un esame che utilizza raggi X per calcolare la massa ossea ed in particolare la quantità e la densità minerale ossea nei segmenti scheletrici a maggior rischio di frattura: La colonna lombare ed il femore prossimale. Nelle rare forme di osteoporosi localizzata, l’esame può essere effettuato anche sullo scheletro nella sua totalità (“Total body”). L’esame, che dura pochi minuti ed è indolore, viene svolto dal paziente, sdraiato su un lettino, al di sotto del quale è collocata l’apparecchiatura che emette un sottile fascio di raggi X. Al termine della scansione,  I dati ricavati vengono inviati al computer che, con l’ausilio di specifici algoritmi matematici, elabora i risultati e li confronta con quelli attesi, per poi esprimere un valore numerico chiamato “T-score” per i pazienti di età superiore ai 50 anni e “Z-score” per i soggetti più giovani. Sulla base dei valori di T-score, i valori densitometrici vengono definiti normali (T-score > -1 SD), in osteopenia (T-score compreso tra -1.0 SD e -2.5 SD) o in osteoporosi (T-score < -2.5 SD). Nei soggetti giovani, la diagnosi di osteoporosi si basa sul riscontro di un valore di Z-score uguale o inferiore a -2.0 SD. Il rischio di frattura aumenta progressivamente con la riduzione del T-score (il paziente con osteoporosi ha un rischio di fratturarsi maggiore rispetto al soggetto con osteopenia ed ancor di più rispetto al soggetto con un T-score normale) o dello Z-score. Indipendentemente dai valori di densità minerale ossea, ad esempio nelle osteoporosi secondarie, il paziente può fratturarsi anche in assenza di una diagnosi densitometrica di osteoporosi; di conseguenza è importante, oltre all’esecuzione della MOC, individuare la presenza di fattori di rischio per fragilità scheletrica e fratture. Infine, nei pazienti con diagnosi densitometrica di osteoporosi o in quelli con sospetta osteoporosi secondaria, va eseguita anche una radiografia tradizionale della colonna vertebrale che consente di evidenziare segni indiretti di osteoporosi, soprattutto l’aumento della trasparenza delle trabecole ossee, ed è l’esame di elezione per diagnosticare precocemente la presenza di fratture. Infine, per un adeguato piano terapeutico, esami del sangue e delle urine (emocromo con formula, VES, PCR, elettroliti, Vit D, PTH, TSH, fosfatasi alcalina, calcemia, calciuria 24h, fosforemia, fosfaturia, proteine totali, elettroforesi siero-proteica, osteocalcina, funzionalità epatica e renale e CTX) e la MOC-DEXA consentono di studiare il metabolismo e il turnover dell’osso e di escludere o confermare il sospetto clinico di forme secondarie di osteoporosi.

L’esame MOC-DEXA va sempre prescritto nei soggetti di qualsiasi età con almeno uno dei seguenti fattori di rischio “maggiori” per osteoporosi:

  1. pregresse fratture da fragilità;

  2. storia di malattie croniche o terapie note per essere cause di osteoporosi secondaria;

  3. riscontro radiologico di “demineralizzazione ossea”.


DONNE E MENOPAUSA

Per le donne in post-menopausa altri criteri “maggiori” per l’esecuzione dell’esame MOC-DEXA sono:

  1. familiarità per frattura di femore o di vertebra;

  2. menopausa < 45 anni;

  3. magrezza (BMI ≤ 19 Kg/m2).

Esistono poi criteri cosiddetti “minori”, quale il ridotto introito di calcio con la dieta, il fumo e l’alcol che se coesistenti e combinati tra loro pongono indicazione ad eseguire esame MOC-DEXA dopo i 60-65 anni di età.

 

Prevenzione

La prevenzione dell’osteoporosi può essere attuata fin dalla giovane età, modificando quei fattori di rischio acquisiti che influenzano per circa il 50% la salute delle nostre ossa in tutte le fasi della vita. L’altro 50% del nostro patrimonio scheletrico è geneticamente determinato e come tale non modificabile. L’obiettivo è quello di massimizzare il picco di massa ossea, ovvero la quantità di tessuto minerale osseo presente alla fine della maturazione fisica (16-18 anni nelle ragazze, 20-22 anni nei maschi); da questo momento in poi, la densità e la dimensione delle ossa non aumentano più e si mantengono costanti per tutta l’età adulta. 

Un introito adeguato di alimenti ad alto contenuto di calcio (latte e derivati, alici, salmone, sgombro, spinaci, rucola, cicoria, noci, nocciole, mandorle) è indispensabile per favorire il corretto rimodellamento scheletrico nonchè l’acquisizione ed il mantenimento della massa ossea. Per garantire che il calcio introdotto con gli alimenti venga assorbito, è necessario avere normali livelli circolanti di vitamina D, un “muratore”importante perché presiede al mantenimento di un’adeguata mineralizzazione dello scheletro. La maggior parte del nostro fabbisogno giornaliero della vitamina D deriva dalla sintesi cutanea di colecalciferolo da parte di un sistema enzimatico regolato dai raggi ultravioletti. Una regolare esposizione al sole, anche di pochi minuti al giorno, è pertanto importante per garantire la sintesi di vitamina D e quindi un assorbimento regolare del calcio. È importante ricordare che con l’invecchiamento, il sistema enzimatico cutaneo è meno funzionante e pertanto si rende necessario l’utilizzo di farmaci contenenti vitamina D, essendo gli alimenti poveri di tale elemento. L’esercizio fisico è un altro importante tassello nella strategia di prevenzione delle fratture, mediata da una “modulazione virtuosa” del rimodellamento scheletrico che favorisce la neoformazione rispetto al riassorbimento osseo. Infine, nella prevenzione primaria dell’osteoporosi è importante eliminare quei fattori di rischio che portano ad una perdita progressiva di massa ossea, come l’abuso di alcool ed il fumo di sigarette e limitare, quando non strettamente necessario, l’utilizzo di farmaci ad effetto osteopenizzante. Tutte queste misure di prevenzione risultano efficaci quando intraprese prima della insorgenza dell’osteoporosi e soprattutto nelle prime decadi di vita, favorendo in tal modo la costituzione del patrimonio scheletrico ed il raggiungimento del picco di massa ossea. Quando l’osteoporosi si è instaurata e soprattutto quando essa si complica con le fratture, alle modifiche dello stile di vita bisogna aggiungere una terapia farmacologica anti-osteoporotica.


Terapia

Nei soggetti in cui la malattia si è già manifestata o comunque è stata già diagnosticata, è necessario impostare un’adeguata terapia farmacologica. I farmaci anti-osteoporotici agiscono sul rimodellamento scheletrico con l’obiettivo di migliorare il bilanciamento tra riassorbimento e neoformazione ossea, riducendo il riassorbimento osseo oppure stimolandone la formazione. La maggior parte dei farmaci a disposizione (Bisfosfonati, Denosumab, SERM) agiscono inibendo la funzione degli osteoclasti e quindi il riassorbimento osseo. Ad oggi, invece, abbiamo a disposizione un solo farmaco  cosiddetto anabolico (il Teriparatide) in grado di stimolare la funzione osteoblastica e quindi la neoformazione ossea. Tutti questi farmaci hanno dimostrato una efficacia rilevante nel migliorare i valori densitometrici e soprattutto nel ridurre il rischio di fratture. La scelta del farmaco viene operata nel singolo paziente sulla base di fattori che tengono conto del profilo di rischio fratturativo individuale e della accettabilità e potenziale tollerabilità da parte del paziente. Come in altre malattie croniche per le quali la terapia è necessariamente a lungo termine, la scelta del farmaco va sempre condivisa con il paziente nei suoi vari aspetti (razionale, potenziali effetti collaterali e risultati attesi).

È altrettanto importante ridurre il rischio di fratture, per esempio eliminando le condizioni che possono favorire le cadute, incoraggiare una moderata attività fisica ed eliminare fumo e alcol, ottimizzando nel contempo l’apporto di calcio e vitamina D.


 

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