Infiltrazioni intramuscolari nel trattamento delle neuropatie periferiche e del Low Back Pain

 
 

L’infiltrazione intramuscolare per il trattamento delle neuropatie periferiche consiste nell’iniettare farmaci e molecole attive in corrispondenza, o nelle immediate vicinanze, delle strutture nervose coinvolte nel processo patologico da cui origina il dolore.

Questa tecnica viene spesso utilizzata per trattare il dolore di tipo “radicolare”, cioè causato dall’infiammazione delle radici nervose nelle neuropatie periferiche, e a livello lombare nel Low Back Pain.

Secondo le evidenze scientifiche, oltre il 90% dei pazienti con disordini vertebrali lombo-sacrali presenta dolore lombare (lombalgia) riconducibile alla Sindrome Miofasciale Dolorosa (MPS – Myofascial Pain Syndrome). Si tratta di una condizione molto dolorosa che accompagna la maggior parte dei disturbi vertebrali e non, nei soggetti affetti da “mal di schiena”.

Tra i trattamenti proposti, la letteratura scientifica include la procedura TPI (Trigger Point Injection), supportata da oltre 40 studi clinici prospettici randomizzati che riportano risultati favorevoli dopo l’iniezione nei Trigger Point, ovvero nei siti miofasciali e muscolari in cui vengono somministrati farmaci come corticosteroidi e anestetici locali.

Si tratta quindi di una procedura in linea con le evidenze scientifiche internazionali, di comune utilizzo nella pratica clinica, sicura ed efficace per il paziente. È inoltre riportata nelle Linee Guida Americane della Società di Terapia del Dolore e delle Neuroscienze, che prevedono, appunto, la possibilità di iniettare nei Trigger Point l’associazione di corticosteroidi e lidocaina.

La comparsa di compressione, e quindi dell’infiammazione del nervo, è spesso causata dalla presenza di un’ernia discale, da un’artrosi vertebrale oppure dal restringimento del canale vertebrale (stenosi del canale).

Il dolore degenerativo del rachide, lombare e cervicale, costituisce una delle patologie dolorose più frequenti nella società attuale e sono scarse le evidenze riguardo a molteplici trattamenti conservativi attualmente utilizzati come la terapia fisica strumentale (Tecarterapia, Ultrasuoni, Laserterapia, trazioni cervicali) oppure l’ozonoterapia per via paravertebrale, che non sembrano influenzare i tempi di ripresa della malattia; i benefici riferiti con queste tecniche spesso sono sovrapponibili al percorso di guarigione spontanea e non esistono evidenze in termini di EBM (medicina basata sulle prove di efficacia) che indichino il contrario.

D’altra parte la letteratura scientifica supporta ormai molteplici evidenze riguardo alla efficacia nel controllo del dolore con le procedure infiltrative, rivolte a controllare il dolore infiammatorio della radice nervosa causato da un’ernia discale o da una patologia vertebrale. Tale efficacia è però dimostrata solo quando tali procedure infiltrative vengono eseguite con il supporto ecografico grazie al quale è possibile visualizzare le componenti anatomiche della colonna vertebrale. Questo garantisce al paziente la massima efficacia dei farmaci impiegati ed una maggiore sicurezza delle procedure infiltrative che non vengono più eseguite “alla cieca”. L’assenza di radiazioni ionizzanti e lo scarso ingombro permettono l’utilizzo delle apparecchiature ecografiche in qualsiasi struttura ambulatoriale. I farmaci e gli integratori che comunemente utilizzo nella terapia infiltrativa del rachide sono cortisonici, anestetici locali, neurotrofici e miorilassanti. Per limitare il rischio di sanguinamenti ed ematomi, chiedo al paziente di interrompere eventuali terapie anticoagulanti una settimana prima della procedura.

Le infiltrazioni ecoguidate vengono eseguite con materiale monouso e seguendo le norme di sterilità. Il paziente viene fatto stendere sul lettino in posizione prona e, dopo un’iniezione di anestetico locale, si procede all’infiltrazione vera e propria. Una volta terminata l’infiltrazione ecoguidata, e dopo essersi accertati che il paziente stia bene, non abbia formicolii o deficit di forza (possibili effetti dell’anestetico locale che scompaiono in pochi minuti), questi può alzarsi e tornare a casa, dove riprenderà le sue normali abitudini evitando magari di eccedere con l’attività fisica.

Nelle ore successive e per qualche giorno dopo l’infiltrazione è possibile, anche se non frequente, avvertire un dolore nel sito dell’iniezione dovuto al traumatismo dell’ago attraverso i tessuti e presentare un piccolo ematoma. Subito dopo l’infiltrazione non è raro che si avverta una immediata attenuazione del dolore: questo effetto è transitorio e dovuto all’anestetico locale, mentre il beneficio vero e proprio è possibile sopraggiunga anche dopo 24-48 ore, nel caso si abbia utilizzato un cortisone a lento rilascio.

Lo scopo dell’infiltrazione perineurale è quello di attenuare la sintomatologia dolorosa, ma il paziente per poter completamente recuperare necessita anche di un adeguato percorso riabilitativo di esercizi e stretching della muscolatura paravertebrale.