Infiltrazioni
con antinfiammatori

 
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Le infiltrazioni di cortisone sono utilizzate nella pratica clinica quotidiana per ridurre l’infiammazione nell’ambito di numerose patologie anche se è ormai chiaro che questo costituisce un danno se usato cronicamente nelle articolazioni ed infatti il suo utilizzo richiede un’attenta valutazione da parte dello specialista.

Esistono diversi preparati steroidei che possono essere utilizzati e si distinguono fondamentalmente due grandi classi: quelli ad azione rapida ed i cristallizzati a lento rilascio.

Per una condizione acuta in cui si vuole ricercare un effetto immediato, è appropriato utilizzare un corticosteroide ad azione rapida, ma dall’effetto meno duraturo, mentre di fronte a condizioni infiammatorie croniche, è preferibile usare steroidi ad insorgenza più lenta ma a maggior durata d’azione come i cristallizzati.

Le infiltrazioni di cortisone sono solitamente utilizzate nel trattamento conservativo di patologie articolari che riconoscono una componente infiammatoria, come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, l’artrite gottosa e l’acutizzazione di processi artrosici. Analogamente, i cortisonici possono essere iniettati localmente per trattare tendiniti e borsiti. A prescindere dal cortisonico che verrà utilizzato per la terapia infiltrativa, le infiltrazioni di cortisonici può prevedere l’aggiunta di un farmaco ad azione anestetica, generalmente la lidocaina.

L’infiltrazione intrarticolare si effettua direttamente a livello della struttura interessata dalla flogosi, con l’obiettivo di massimizzare l’azione antinfiammatoria e ridurre al minimo gli effetti collaterali possibili assumendo uno steroide per via orale. L’infiltrazione, oltre che in tutte le articolazioni, può essere eseguita anche nelle borse ed in adiacenza alle guaine tendinee, al fine di ridurre la flogosi. In caso di versamento articolare è opportuno aspirare l’essudato sinoviale infiammatorio prima di eseguire l’infiltrazione con lo steroide.

Le infiltrazioni di cortisone possono essere somministrate anche in altri modi. Ad esempio nelle infiltrazioni perineurali il farmaco viene iniettato vicino al canale vertebrale, in prossimità delle radici nervose al fine di ridurre l’infiammazione, ad esempio nella cervicobrachialgia da ernia del disco oppure nel mal di schiena dovuto ad una stenosi vertebrale oppure ad una lombosciatalgia da ernia del disco.

Lo schema terapeutico delle infiltrazioni di cortisone variano in base alla patologia da trattare ed al suo livello di gravità ma solitamente il ciclo prevede un’infiltrazione con cadenza settimanale per 3-5 settimane eseguibile nell’arco di un anno. Solitamente dopo 48 ore il paziente riferisce beneficio ed il massimo effetto si ha generalmente nell’arco di un mese. Se da un lato la sua efficacia nel ridurre il dolore è particolarmente elevata, d’altro canto un suo utilizzo prolungato può essere causa di degenerazione di legamenti, ossa e tendini. Inoltre le infiltrazioni di cortisone sono controindicate nei pazienti diabetici, ipertesi, immunodepressi e con grave osteoporosi, di conseguenza il suo utilizzo deve essere limitato alla fase acuta della patologia, quando il dolore e l’infiammazione sono importanti e la mobilità articolare è limitata, superata la quale possono essere prese in considerazione le infiltrazioni con acido ialuronico. Se effettuate nel rispetto delle regole di asepsi (rimozione peli, accurata detersione e disinfezione della cute, sostituzione dell’ago dopo aspirazione del farmaco), le infiltrazioni di cortisonici in genere non causano nessun effetto locale di rilievo. In alcuni casi però la terapia infiltrativa può presentare effetti collaterali a livello locale come ad esempio la riacutizzazione del dolore dovuta alla cristallizzazione dello steroide iniettato; può durare un paio di giorni e di solito recede con la crioterapia o con l’ausilio di farmaci antinfiammatori non steroidei. Altro effetto collaterale è costituito dalla necrosi adipocitica con conseguente depigmentazione cutanea permanente, in caso di accidentale iniezione nel tessuto sottocutaneo attraverso il tragitto dell’ago di preparati cristallizzati. In rari casi, può verificarsi l’osteonecrosi del tessuto osseo dell’ articolazione infiltrata.